TV e Cinema
di Mattia Nesto 29 Agosto 2016

I dolori del giovane Casper, il fantasma della nostra adolescenza

Non lasciatevi ingannare dai ricordi, Casper è un film molto più profondo di quanto ricordiate

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Il film Casper del 1995 diretto da Brad Silberling è forse il migliore esempio di quelle storie su spettri e fantasmi che, sovvertendo le regole auree del genere, ovvero “i fantasmi fanno paura”, ci presentano delle entità ectoplasmatiche dal volto amico, perfino dolce e paffutello. Questo è proprio il caso di Casper che vede protagonista l’omonimo fantasmino di 12 anni alle prese con la difficile gestione di una adolescenza “morta e sepolta” ma comunque viva e pulsante per l’irrefrenabile, ed un po’ assurda per un fantasma, voglia di vivere. Per chi è cresciuto negli anni Novanta soprattutto il film ma anche la serie di cartoni animati (meno il fumetto, molto poco diffuso almeno in Italia) viene ancora oggi ricordato come una storia dai sentimenti buoni e cristallini.

La trama ricalca grosso modo il tipico plot di storia per ragazzi di quegli anni: i grandi non hanno praticamente sfumature, o sono cattivissimi e ricolmi delle peggiori intenzioni, come Carrigan Crittenden, la vedova ambiziosa e crudele che ha come unico interesse quello di accaparrarsi il castello di Whipstaff nel Maine (abbandonato da cent’anni ed infestato da quattro spiritelli), oppure buoni ma un po’ pasticcioni, come il professore James Harvey, psicologo per defunti alla disperata ricerca della moglie scomparsa. I più piccoli invece, i ragazzi, in questo come in altri film, sono caratterizzati da una grande ricchezza di sentimenti. Gli stessi fantasmi che, sostanzialmente, possono essere paragonati ad adolescenti, virano dall’essere dispettosi e dispotici, come i tre fratelli di Casper, Molla, Ciccia e Puzza a diventare degli ottimi compagni di baldoria. Oppure possono incarnare tutte le ansie e i dubbi di quella particolarissima età, come nel caso della figlia del prof. Harvey, Kat, interpretata dalla già bellissima Christina Ricci. Kat è infatti una ragazza molto pratica ed intelligente che però soffre nel dover continuamente cambiare casa e compagni di scuola a causa dei perenni viaggi del padre, chiamato da tutta gli Stati Uniti per risolvere questioni di fantasmi. E proprio per risolvere una questione di fantasmi James e Kat si troveranno a dover fare sloggiare, per conto della stessa vedova Carrigan, i quattro fantasmi dal maniero. Ben presto Kat conoscerà Casper, un fantasmino buono e melanconico che porterà padre e figlia a decidere di lasciare nelle mani ectoplasmatiche il castello.

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Il film è, come si capisce bene dalla trama, un film leggero e per bambini che però non viene raccontato con troppa stucchevolezza. Il regista Brad Silberling (autore di City of Angels, il remake americano di Il cielo sopra Berlino di Wim Wnders) inserisce tutti gli elementi classici delle storie gotiche, ovvero un maniero solitario, tenebroso ma anche molto affascinante, una serie di ricchi ambienti, poco illuminati ma molto impolverati e pieni di ragnatele, qualche riferimento a storie come Frankenstein e simili ma con gusto e atteggiamento sbarazzini. Ad esempio, quando Carrigan tenta di far sloggiare i fantasmi chiama un prete che pratica esorcismi (nei panni di un buffo presunto-reverendo sudamericano che si è impratichito “su videocassetta” inquesta difficile arte), un’intera squadra di disinfestazione ed addirittura un Ghostbuster, ovvero Ray, interpretato proprio Dan Aykroyd.

Gli insuccessi di tutti questi tentativi porteranno la vedova (dietro suggerimento di Casper che aveva visto un servizio del telegiornale su doc. Harvey e la sua dolce figlia) a chiamare lo psicologo dell’aldilà. Il gusto per il cameo e per il citazionismo di altri film pervade Casper. Ad un certo punto, per esempio, Casper, mentre parla con Kat, si gonfia e diventa una specie di Superfantasma, muscoloso e potente, con una bella C azzurra sul petto e le dice, con una voce bassa e tonante, “Vieni con me, se vuoi vivere”, ovvio riferimento alla mitica frase di Arnold Schwarzenegger in Terminator. Oppure c’è un momento nel quale Molla, Ciccia e Puzza si divertono a spaventare il professore, entrando letteralmente nel suo corpo e facendogli assumere le sembianze di personaggi famosi: quando si specchia infatti si possono riconoscere Mel Gibson, Clint Eastwood, il comico Rodney Dangerfield e Crypt Keeper. Si dice che dovesse apparire in questa sequenza anche Steven Spielberg, produttore del film e che molto si è speso come supervisore. Questa scena però è stata tagliata a causa “dello stress del maestro Spielberg a venire ripreso”. Ma si potrebbero citare anche altri riferimenti: dalla Cavalcata delle Valchirie canticchiata dai tre perfidi fantasmi a colazione, ai macchinari del papà di Casper presi a viva forza da Frankenstein.

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Forse il riferimento più dotto e più nascosto ma anche quello più carico di sentimento e di pathos è lo slittino di Casper. Verso metà film Kat e Casper, neanche tanto segretamente innamorato della figlia del prof, si ritrovano in solaio dove recuperano i vecchi giochi del “Casper bambino”. Si vede il fantasmino tristemente appoggiato ad uno slittino che si mette a ricordare ad alta voce: “Pregai tanto mio padre di comprarmi questa slitta, lui non voleva comprarmela perché non sapevo andarci… poi una mattina scesi giù per la colazione ed era là tutta per me, un giorno qualunque… la portai fuori e giocai tutto il giorno, mio padre diceva: “Adesso basta!”, ma non riuscivo a smettere, mi divertivo un mondo. Poi si fece tardi, diventò freddo e mi ammalai e mio padre divenne triste…”. Kat, con tutta l’ingenuità di quando si è bambini dice: “Com’è quando si muore?” e Casper le risponde: “È come venire al mondo solo che al contrario e poi mi ricordo di non essere andato dove dovevo andare … io sono rimasto qui perché papà non si sentisse solo”.

Con il più classico degli oggetti filmici, ovvero lo slittino tratto da Quarto Potere, in Casper così si descrive la malattia di un bambino, la sua morte e le motivazioni per le quali, invece di “essere andato dove doveva andare” è rimasto su questa terra sotto forma di fantasma. Wow! Accidenti, seppur presentato con uno stile semplice, è qualcosa di molto pesante per un film di bambini ed è questo che rende Casper, assieme alle tenerissime scene in cui Kat e il fantasmino si conoscono e lui tenta disperatamente di stabilire un impossibile contatto fisico, una stretta di mano, una carezza, un piccolo bacio (“Posso tenerti con me?” sussurra Casper a Kate prima che si addormenti, frase cult e strappalacrime come poche), un film e un personaggio tanto amaro.

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Perché Casper siamo tutti noi, noi che abbiamo più o meno passato da tempo l’adolescenza ma che ci ricordiamo perfettamente quanta dose di sofferenza, di dubbi, di ansie e di sconfitte più o meno gravi abbiamo patito in quel periodo. Chi di noi non si è ritrovato a quell’età (ma forse ancora oggi) nel proprio letto a fissare il soffitto ed a fare, ora ingenuamente ora più gravemente, i conti con la propria solitudine? Seppur con tutti i limiti di una storia per ragazzi, che infatti termina come una specie di Cenerentola al contrario durante una, va detto, grandiosa festa di Halloween, Casper è un film da tenere a portata di mano e da rivedere quando si è un po’ giù. Potenza del paranormale ma i dolori del giovane Casper sono i nostri dolori.

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