TV e Cinema
di Silvia Rossi 9 Marzo 2016

La classifica di tutti i film dei Fratelli Coen dal più brutto al più bello

Abbiamo messo in fila tutte le pellicole dei Coen

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Quante volte vi è capitato di incontrare una persona insolita, caratterizzata, unica anche solo nel suo apparire, persa magari in quello che sta facendo e dire: “Questo sarebbe un personaggio perfetto per un film dei Coen”? Se non vi è mai capitato forse è un bene per voi, ma solo se pensiamo a Non è un paese per vecchi o a Fargo. Diversamente è proprio un peccato, perché vuol dire che non avete mai provato la sensazione di desiderare follemente di avere un “drugo”come Jeff Bridges o un amico perdente per scelta come Llewyn Davis. I Fratelli Coen, da sempre maestri di riscrittura di generi cinematografici, amanti di storie folli e surreali, ideali amici con cui bersi una birra e sbellicarsi dalle risate dopo aver fatto un’amara e disincantata riflessione sull’individuo, hanno colpito ancora con Ave, Cesare!. E l’hanno fatto al meglio, ovvero andandoci giù pesanti nel criticare senza troppa leggerezza l’industria cinematografica e le sue regole. Regole che spesso hanno riscritto loro stessi.

Ma prima del loro ultimo lavoro, quali erano i migliori film dei Coen? Abbiamo provato a stilare una sorta di classifica dei film dei Coen dal più brutto al più bello. Abbiamo avuto momenti di stordimento e lunghi silenzi di fronte all’elenco che doveva essere approfondito e ragionato, volevamo anche aprire un forum, ma alla fine abbiamo deciso di farla seguendo l’istinto da spettatore in primis. Non dopo un ripasso dei titoli più vecchi.

E allora via.

15. Ladykillers, 2004

Grottesca, irriverente e insolita. E fin qui tutto bene. Ladykillers (remake de “La signora omicidi” del 1955) ha un’impronta tipicamente e marcatamente surreale e beffarda, ma non è certo il miglior film dei Coen. Troppi intoppi, forse troppo ambizioso. Il passaggio dallo black humor british alla farsa per raccontare il sud degli States non ci ha convinto. Quello che come sempre invece convince è l’uso impeccabile che fanno della musica. La storia? Un’anziana signora tutta gospel e casa (Irma P. Hall) affitta una camera a un professore che si finge musicista (Tom Hanks), ma in realtà sta preparando una rapina con quattro soci squinternati. Una volta scoperti, i cinque decidono di uccidere la padrona di casa, ma non sarà così semplice come si pensa.

 

14. Arizona Junior, 1987

Il ladro recidivo H.I. (Cage), per soddisfare il desiderio di maternità di sua moglie ex poliziotta (Holly Hunter) rapisce uno dei 5 figli dell’industriale Nathan Arizona (Trey Wilson). Ma a contendersi il pupo ci sono anche i due amici evasi dal carcere di H.I. (John Goodman e William Forsythe) e un motociclista cacciatore di taglie (Cobb). A fine film vi sembrerà di aver fatto la maratona. Ritmo incalzante, troppo incalzante per una pellicola bizzarra e comica, ai confini col cartoon. La velocità del montaggio sta a sottolineare la frenesia del mondo contemporaneo. Non c’è più tempo per fermarsi e trovare le coordinate anche solo per amare. La solitudine dei personaggi  è il sintomo principale. Quest’opera minore dei Coen darà spazio a lavori più maturi.

 

13. Mr Hula Hoop, 1994

Temi trattati: troppi. Carne al fuoco: troppa. C’è tutto in questo film: c’è furbizia e scaltrezza nella realizzazione, lo spazio si fa tempo in scenografie studiate ad hoc, ci sono gag comiche molto forti, ma manca qualcosa. Forse una reale allegria che dovrebbero dare le figure protagoniste. È come se ai Coen non importasse davvero molto della storia, dei protagonisti, delle loro logiche e della satira sociale nel sottotesto. E pensare che fino ad allora era il film più dispendioso dei Coen. La storia gira intorno all’ascesa al potere di un piccolo impiegato che ha un’idea geniale e inventa l’hula-hoop. Un grande cerchio narrativo che gira in tondo, chiaramente proprio come un hula hoop.

 

12. Prima ti sposo poi ti rovino, 2003

I Coen tornano a dire la loro sulla screwball comedy e la battaglia tra i sessi. Prima ti sposo poi ti rovino è forse il film che ricordiamo meno dei due registi. Anche se per molti è uno tra i più sottovalutati. Adattano e co-sceneggiano un soggetto scritto per Clooney che recita insieme alla Zeta-Jones. Siamo a Beverly Hills e l’avvocato Massey (George Clooney) fa vincere una causa di divorzio all’adultero Rexroth (Edward Herrmann) lasciando a bocca asciutta l’avida moglie Marylin (Catherine Zeta-Jones). Si toccano alcuni temi cari ai Coen come il caso, l’assurdo e la verità traballante ma la sostanza è poca anche se c’è un abile tributo, appunto, alla commedia hollywoodiana degli Anni ’30. Un film leggero e basta.

 

11. Il Grinta, 2010

Personaggi delineati benissimo, panorami mozzafiato, duelli, cavalli pistole. Il Grinta, remake dell’omonimo western del ’69 che fece vincere a John Wayne l’Oscar, è pieno di roba potente tipica dei Coen che omaggiano e reinventano a modo loro un western. Tante citazioni come di consueto, immancabile humor nero ed estasi assicurata per i nostalgici del genere. Il loro Grinta è capace di scuotere la ragazzina e il duro. C’è Jeff Bridges e tutto può concludersi qui. Eravamo, anzi, siamo tutt’ora molto indecisi sulla posizione, aspettiamo critiche o commenti.

 

10. Ave Cesare!, 2016

ave cesare, coen, clooney  Clooney in Ave, Cesare!

Scritto perfettamente, con dialoghi esilaranti e una satira geniale sull’industria cinematografica. Soprattutto se si ripensa alla setta di sceneggiatori comunisti rinchiusi in una villa che dà sull’oceano a cercare di distruggere il capitalismo da dentro perché stufi di scrivere successi senza “mai vedere un dollaro. Partiamo da un primo assunto: George Clooney in Ave, Cesare! è perfetto nel ruolo da idiota. Il personaggio di Scarlett Johansson doveva avere molto più spazio. È strepitosa nel ruolo di starlette rozza col vizio di saltare da un letto all’altro. Si vede che i Coen si sono divertiti parecchio a romanzare quell’epoca d’oro di Hollywood che loro non hanno vissuto, si vede troppo forse, perché il film sembra essere fatto proprio per goderne loro stessi o per i pochi che possono comprenderne sarcasmo e irriverenza. Ovviamente tutti perfetti nelle interpretazioni, ma dobbiamo essere sinceri nel dire che Frances McDormand ha sempre la parte migliore seppur piccolissima, qui è un strampalata addetta al montaggio. Tilda Swinton e Ralph Finnes meravigliosi, ma su tutti c’è Channing Tatum in una lunga e divertentissima scena di ballo con finale a sorpresa.

 

9. Burn After Reading, 2008

Convinci tu George Clooney, Brad Pitt, John Malkovich, Frances McDormand, Tilda Swinton a fare gli idioti se ci riesci. I Coen con Burn After Reading – il titolo in italiano non lo scriviamo nemmeno perché proprio non c’entra nulla – riescono eccome. Ed eccolo lì il leggendario cast alle prese con l’idiozia dilagante che disegna una sgangherata spy story dal copione perfetto. Dati top secret da vendere al nemico per pagarsi la mastoplastica o la liposuzione, inciuci amorosi e dialoghi esilaranti. Difficile capire chi è la spia e chi la vittima. Mettici poi qualche tocco splatter alla Tarantino e il piatto è servito. Ancora più bizzarro di Fratello dove sei? e Prima ti sposo poi ti rovino, Burn After Reading spiazza soprattutto per la sagace ironia con cui i due registi si prendono gioco dell’agenzia di spionaggio più segreta e riservata che ci sia. Parliamo ovviamente della CIA.

 

8. A Serious Man, 2009

Forse uno tra i meno amati e più incompresi. Noi lo amiamo per l’intimità con la quale affrontano la storia. Anche se sembra non esserci né sfogo, né catarsi. Forse è per questo che la pellicola è stata criticata dai più. Non c’è una spiegazione di quello che si vede, ma non sempre è necessaria. E per questo e per altri motivi ci sentiamo di considerare A serious man straordinario. Un pugno nello stomaco, uno di quei film che ti lasciano lì immobile a pensare a quello che hai appena visto, a rielaborarlo per catalizzare nel giusto modo le emozioni. Il protagonista è un professore di fisica ebreo del midwest (Michael Stuhlbarg) a cui ne capitano di ogni: matrimonio, figli che fumano spinelli e ascoltano i Jefferson Airplane, lavoro, salute, fede. Ne esce una delle più profonde riflessioni sull’essere umano.

 

7. Barton Fink, 1991

John Turturro al meglio, forse una delle sue più significative interpretazioni. In Barton Fink è un commediografo presuntuoso che vive a New York, se ne frega delle critiche benevole e si sente rappresentante dei bassi ceti sociali. Quando viene scritturato ad Hollywood per scrivere un film sulla lotta libera interpretato da Wallace Beery, prima è restio, poi accetta e si ritrova in un albergo, un tempo rinomato, ormai in rovina. Qui conoscerà altri personaggi meravigliosi e tutto si incupirà quando ci sarà un misterioso omicidio. Al termine della stesura della sceneggiatura il lavoro di Barton Fink sarà rifiutato. Con il loro tipico sarcasmo e bravura formale i fratelli Coen firmano uno tra i loro film più belli. Interpretazione memorabile di un altro attore amato dai Coen John Goodman.

 

6. L’uomo che non c’era, 2001

Un noir cupo e amaro. Lo si apprezza di più dopo una seconda visione. Billy Bob Thornton è Ed Crane, barbiere insoddisfatto, taciturno e marito disilluso e rappresenta “l’uomo che non c’era”. Insignificante e fallimentare, Crane rimane invischiato in un delitto involontario che provocherà il suicidio di uno dei protagonisti del film (la McDormand). Cercherà invano di ribaltare la sua situazione perché incapace di controllare l’effetto delle proprie azioni. Il film girato in bianco e nero è uno dei più dark dei Coen e si interroga sul labile confine tra normalità e pazzia, consapevolezza e volubilità.

 

5. Fratello dove sei?, 2000

La sinossi in brevissimo potrebbe essere: tre galeotti Ulisse Everett (Clooney), Delmar (Nelson) e Pete (Turturro) evadono dal carcere e si mettono alla ricerca della refurtiva di un colpo compiuto molti anni prima. Dentro queste poche parole un mondo. Il mondo di Fratello dove sei? dei Fratelli Coen. Metafore pulite, chiare e precise sono la chiave per raccontare una storia folle nell’America della depressione ma anche del presente. Metafore e simboli che permettono una riflessione sulla vita, la follia, la speranza e il bisogno di avere una famiglia. Nella loro personale Odissea, i Coen si divertono a esagerare con mille citazioni da Furore a Nick Manofredda a Gangster’s story a Nascita di una nazione, senza tralasciare il ruolo fondamentale della musica. I tre protagonisti sono di una bravura incredibile.

 

4. Fargo, 1996

Con Fargo entriamo nella zona calda della nostra “classifica”. Lo sguardo cinico e distaccato alla ricerca di un humor nerissimo dei Coen rimane impresso perfettamente nella memoria. Sulla vicenda narrata, ispirata a un vero fatto di cronaca, domina un’inquietudine generale di un mondo governato dal caso e dall’assurdo. Il talento narrativo dei Coen permette di passare dal dramma alla farsa e da commedia a tragedia, quasi a perdersi nel raccontare il senso della vita stessa. La McDormand regala una performance indimenticabile. Va beh, lo amiamo e si capisce. La storia per chi non la conosce: Jerry Lundegaard (Williamo H. Macy) gestisce una concessionaria d’auto e ha un impellente bisogno di denaro liquido. Escogita il rapimento della moglie per ottenere un riscatto dal suocero, ingaggiando due crudeli quanto incapaci criminali (Steve Buscemi e Peter Stormare) che riescono a tramutare il dramma in tragedia. Sarà l’intervento di Marge Gunderson (Frances McDormand), capo della polizia locale, in gravidanza, a risolvere la situazione.

 

3. A proposito di Davis, 2013

Partendo dal presupposto che Oscar Isaac è uno dei migliori attualmente in giro, dichiariamo senza troppi orpelli che per noi Inside Llewyn Davis è uno dei più bei film dei Coen. Le disavventure narrate, colorate dal tipico black humor e dal grottesco, vanno a costruire una delle perle dei registi. Una pellicola complessa che si dispiega lentamente seguendo il ritmo di una canzone folk, che non accenna a finire. Siamo nel cuore del Greenwich Village, nel 1961, un po’ di anni prima che Bob Dylan s’imponesse nella storia della musica, ad aprire la scena è il cantautore folk Llewyn Davis che si esibisce in un piccolo locale di fronte a un pubblico alquanto ristretto. Lo adorerete sin da subito nel suo giubbino troppo leggero per sostenere il freddo di New York, accompagnato involontariamente da un gatto rosso. Davis è presentato attraverso il punto di vista degli altri: dall’anziano discografico, all’ex compagna e voi lo adorerete si da subito, anche se è un perdente per scelta. I Coen vi permetteranno di indagare con loro nella profonda psicologia di ogni personaggio, disegnandone i lati più delicati e quelli più controversi. Una tra le migliori e memorabili interpretazioni di John Goodman.

 

2. Non è un paese per vecchi, 2007

Basterebbe il titolo vero? Non c’è bisogno di troppe spiegazioni. Memorabile, un film memorabile e delle interpretazioni magistrali. Su tutte, ovviamente, quella di Javier Bardem. La scrittura e la regia di questo film, ispirato al romanzo del Premio Pulitzer Cormac McCarthy, si basa tutta sulla cifra stilistica dell’iperbole. Che i Coen usano con maestria. Soprattutto quando riescono a mettere in rilievo quel fievole barlume di umanità all’interno di un mondo dominato dalla follia. Il personaggio che ridà speranza è lo sceriffo interpretato da Tommy Lee Jones. Ma è l’unico. Epica storia della rincorsa alla sopravvivenza di Llewelyn Moss (Josh Brolin) che scappa con i soldi trovati in un camioncino circondato da cadaveri senza sapere che presto il sanguinoso e inquietante inseguitore Bardem lo andrà a prendere. Costruiscono e smontano le regole cinematografiche, trasformano il classico in eccentrico, sono concettuali e filosofici, i Fratelli Coen firmano cosi un capolavoro del cinema.

 

1. Il Grande Lebowski, 1998

Il Drugo è sopravvissuto agli anni ’60, agli hippy e alle rivoluzioni e ora fuma marijuana, beve White Russian e canta i Creedence Clearwater Revival. È cronicamente pigro e gioca a bowling. Fino a quando non si accorge di avere lo stesso nome di un ricco magnate… Fantasioso, anarchico, surreale e in continuo contrasto emotivo nell’affrontare le vicende della vita, il nostro eroe fancazzista è la perfetta sintesi di un icona destinata a durare negli anni, e ancora, e ancora. Tutti intorno a lui personaggi istrionici che aggiungono quel tocco di follia che disegna definitivamente l’opera N. 1 dei Coen: l’ottuso reduce dal Vietnam (Goodman), il giocatore di bowling (Turtutto), il regista porno (Gazzara), il bandito nichilista (Stornare). Con questa pellicola i Coen dimostrano di avere una cifra stilistica unica nella cinematografia contemporanea, capaci di spaziare dalla commedia più esilarante al noir più surreale e grottesco. Curando qui, come nella maggior parte degli altri loro lavori, la regia, la scrittura, la produzione e anche il montaggio.

 

p.s. Nella nostra lista manca il primissimo film dei Coen Blood Simple del 1984 perché non l’abbiamo visto. Scusate.

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