Una drammatica vicenda ha sconvolto la comunità di Muggia, nel centro della provincia di Trieste, dove una donna di 55 anni ha ucciso il proprio figlio di nove anni all’interno della loro abitazione.
L’episodio, avvenuto nella serata di mercoledì, ha gettato nello sconforto un’intera comunità che ora si trova a fare i conti con un dolore immenso.
La tragedia e l’intervento delle autorità
Il piccolo è stato trovato senza vita nel bagno della casa con un profondo taglio alla gola, probabilmente inferto con un grosso coltello da cucina, l’arma utilizzata per il delitto. L’allarme è stato lanciato dal padre del bambino, che non vive in Friuli Venezia Giulia e, preoccupato per non essere riuscito a contattare la madre nelle ore precedenti, ha dato l’allarme. Quando sul posto sono arrivati i vigili del fuoco insieme alle forze dell’ordine, il corpo del bambino giaceva ormai senza vita da ore. La madre, in stato di shock, aveva tentato anche un gesto autolesionista, tagliandosi le vene, ma gli accertamenti hanno rilevato una lesione limitata a un tendine.
La donna, di origine ucraina, separata dal padre del minore, è stata arrestata e condotta nel carcere di Trieste. Era seguita dai servizi sociali e dal Centro di salute mentale, a testimonianza di una situazione familiare segnata da difficoltà. Il bambino, affidato legalmente al padre, poteva incontrare la madre solo in base alle disposizioni del tribunale, che prevedevano per lei l’affidamento per tre giorni alla settimana con l’obbligo di restituire il minore entro le 21 di mercoledì.
La famiglia, seguita dai servizi sociali da tempo, viveva una condizione complicata, aggravata da una separazione ormai definitiva tra i genitori. Il sindaco di Muggia, Paolo Polidori, ha definito “difficile” la situazione vissuta dalla coppia e ha annunciato che sarà proclamato il lutto cittadino per onorare la memoria del bambino e sostenere la comunità duramente colpita.
“La comunità è devastata”, ha affermato Polidori, spiegando di aver già convocato un incontro con i servizi sociali per assicurare il massimo supporto possibile. La famiglia era conosciuta anche dalla parrocchia locale, segno di un legame stretto con la comunità. Il bambino frequentava il quarto anno della scuola elementare slovena di Muggia, un dettaglio che sottolinea l’identità multiculturale e complessa del territorio.

Don Andrea Destradi, parroco della Diocesi di Trieste, ha espresso profonda tristezza per l’accaduto, sottolineando come nulla facesse presagire un epilogo così tragico. “Una mamma che uccide un bambino di nove anni è qualcosa che non deve esistere”, ha commentato. Il religioso ha ricordato di aver incontrato la donna diverse volte negli ultimi anni, aiutandola a cercare lavoro, ma consapevole che il suo vero bisogno fosse un supporto professionale più specifico, soprattutto in ambito sanitario mentale.
“Le dicevo di farsi aiutare dai medici, ma lei rifiutava, convinta di non averne bisogno”, ha aggiunto don Destradi, evidenziando la complessità della situazione e la difficoltà a intervenire in modo risolutivo nonostante la vicinanza della comunità e dei servizi. Non è stata individuata una causa chiara o un evento scatenante immediato: “Non credo che la separazione tra i genitori abbia avuto un ruolo diretto nel gesto”, ha precisato il parroco.
La coppia infatti si era separata da tempo e da anni non si vedevano più insieme come famiglia. Nelle ultime settimane non erano emerse criticità tali da richiedere un intervento d’urgenza. Sabato sera precedente alla tragedia, il padre e il bambino avevano partecipato insieme alla messa in preparazione alla prima comunione nella scuola slovena, senza che vi fossero segnali evidenti di disagio grave.

