Libri
di Marco Villa 16 Novembre 2017

Zerocalcare – E se domani finisse tutto?

Dagli amici di sempre che crescono, fino ai neofascisti di Ostia: abbiamo intervistato Zerocalcare per l’uscita del nuovo libro Macerie Prime

Zerocalcare, la copertina di Macerie Prime  Un dettaglio della copertina di Macerie Prime di Zerocalcare, colorata da Alberto Madrigal

 

Se provi a immaginarti un autore a poche ore dalla presentazione del suo nuovo libro, puoi scommettere che sia agitato e nervoso, in attesa di sapere come verrà accolto quell’insieme di pagine scaturito da mesi e mesi di lavoro. Puoi anche scommettere che si senta un po’ geloso, perché a breve quella storia non sarà più una cosa solo sua. Di sicuro non puoi pensare che concepisca le copie impilate una sull’altra come una presenza opprimente. Eppure Zerocalcare, felpa con cappuccio di ordinanza, vede proprio così i volumi di Macerie Prime che gli stanno di fronte, su un tavolo nella sede di Bao Publishing. È il giorno prima dell’uscita ufficiale del nuovo libro: tra poche ore Zerocalcare inizierà un firmacopie che andrà avanti per tutta notte, fino alle 8 di mattina, ma in questo momento il suo timore è che possa venire poca gente: “Gioca anche l’Italia, stasera”.

Centinaia e centinaia di dediche e disegni per un libro che vede come protagonisti i personaggi creati ai tempi della Profezia dell’armadillo: “Avevo bisogno di aggiornare il cast – racconta Zerocalcare – Per poter continuare a raccontare quello che succede quando vado a cena da un amico, quello di cui parlo, ho bisogno che il lettore sappia che un amico ha fatto un figlio o che un altro sta lavorando”

Oltre all’aggiornamento dei personaggi, è molto forte anche il fatto che tu ti sia messo a nudo molto più che in passato: ci sono tavole e tavole che spiegano come ti senti e come ti rapporti con quello che succede.
Quando l’ho fatto in realtà mi sembrava di avere messo a nudo soprattutto gli altri, quelli che mi stavano intorno, perché andavo a parlare di cose intime. Mi metteva a disagio il fatto di aver dato in pasto il loro privato

Questo però esiste solo dal punto di vista di Zerocalcare: dal mio punto di vista di lettore si tratta semplicemente di un personaggio con la testa da cinghiale, non conoscendo la persona vera non posso fare quel collegamento. Puoi farlo solo tu.
Oh grazie, quello che dici mi sta dando una chiave di lettura diversa a una cosa che mi angosciava molto. Comunque sì, tornando alla tua domanda ho messo tanto di mio proprio perché mi sembrava di essere andato troppo oltre con loro, quindi ho dovuto mettere sul piatto quello che ho passato e provato io in questi anni.

Zerocalcare e il suo nuovo libro Macerie Prime: una vignetta dal volume  Una vignetta tratta da Macerie Prime di Zerocalcare

Ma i tuoi amici hanno già letto “Macerie Prime”?
Non l’hanno ancora letto, ma ovviamente sanno che l’ho fatto. So che sembra strano, visto che mi riferisco a personaggi di finzione, ma io ho sempre paura di mettere loro in bocca parole che non avessero detto. Quindi sono andato da una serie di amici con un taccuino e ho iniziato a fare domande sulla vita, sul lavoro, sulle relazioni, anche domande antipatiche che magari potevano fare piangere, per poter trasferire quelle cose all’interno dei personaggi. Quindi c’è una parte che arriva da loro e poi c’è anche molto di mio, perché le cose che ho scelto di raccontare sono un po’ lo specchio di me stesso.

Non pensavo ci fosse questo tipo di approccio dietro al libro.
La mia vita è cambiata molto negli ultimi anni e non mi arrogo il diritto di incarnare le parole di qualcuno che vive una situazione completamente diversa dalla mia. Quindi mi andava che le cose che facevo dire ai personaggi fossero veramente uscite dalla bocca di qualcuno che quelle situazioni le viveva.

Anche a fronte di tutti questi dubbi e problemi che ti poni, non ti è mai venuta voglia di fare piazza pulita dei tuoi personaggi storici e ripartire da zero senza legami con amici e conoscenti?
Non sono capace di fare questo passaggio. Io so raccontare le cose che mi succedono intorno e ho sviluppato una specie di filtro che mi permette di trasformare queste cose in un fumetto, ma tutto l’aspetto di creazione pura è una cosa che non ho, quindi mi devo comunque nutrire delle cose vere che mi succedono intorno.

Crescere secondo Zerocalcare: una tavola da Macerie Prime  Il demone dell’irreversibilità, tratto da Macerie Prime di Zerocalcare

La tavola che mi ha colpito di più è quella legata al demone dell’irreversibilità, che a una certa età ti costringe a prendere decisioni da cui non potrai tornare indietro. Tu ovviamente vuoi raccontare il fatto di non avere libertà di scelta, ma non potrebbe essere vista anche come un sollievo, come il fatto che di aver trovato la propria strada?
È vero, ma bisogna vedere se sei convinto di quella strada che ti rimane o se invece vivi con la testa girata indietro, a guardare i rimpianti di quello avresti potuto fare altrimenti. Questa irreversibilità mi ansia molto, poi io ho una cosa molto legata anche al mio lavoro: io mi sono incanalato in una cosa che mi ha fatto fare tabula rasa di tutto il resto, ma che sento ancora molto precaria. Non in termini economici, perché ovviamente sto molto bene e non mi lamenterei mai di questo, ma mi sembra sempre che da un momento all’altro questo mestiere possa finire. Io ho 34 anni, magari mi finisce a 35 anni e… che faccio? Non è che ho un pezzo di carta o qualcosa che ho costruito a margine o in parallelo a questo nel corso degli ultimi anni. Questa cosa un po’ mi inquieta, ma sono molto consapevole che questo problema ce l’abbiamo tutti e io ho anche il privilegio di fare un lavoro molto pagato, quindi figurati se mi lamento più di qualcun altro, però è una cosa a cui penso.

Ok, non avrai IL pezzo di carta, ma in realtà di pezzi di carta ne hai tantissimi: tutti i libri che hai fatto e hai venduto come Zerocalcare.
Se uno si legge in fila tutti i libri, vede un personaggio che è cambiato, cresciuto e invecchiato e magari a un certo punto i ragazzini di 16 o 18 anni, che sono i principali lettori di fumetti, si troveranno davanti a tematiche che non gli interessano più perché riguardano una persona che è più grande di loro. E quindi a quel punto che ci facciamo con tutta questa roba? Una volta che la roba mia non parla più alle persone, perché non sono più capace di farlo o perché i libri miei stanno invecchiando con me?

Questa è una cosa su cui rifletti adesso davanti a queste pile di nuovi libri o è un retropensiero che hai sempre?
Ci ho pensato mentre scrivevo il libro, o addirittura prima. Mi sono reso conto che il libro nasceva dal fatto che con i personaggi che avevo non riuscivo più a raccontare il mio quotidiano, perché erano rimasti cristallizzati a un’età che non era più la nostra. Come dicevo, dovevo aggiornare il cast. Nel farlo, però, mi sono reso conto che questo aggiornamento rischia di farmi perdere tutta una fascia di lettori: però io questo so’, non posso fare altrimenti.

I famosi "accolli" di Zerocalcare, da una vignetta di Macerie Prime  Una vignetta tratta da Macerie Prime di Zerocalcare

La scelta di dividerlo in due volumi come è nata?
All’inizio volevo fare addirittura una saga in tre parti, poi mi sono reso conto invece che dal punto di vista narrativo era proprio un libro in due atti, diviso a metà da un momento in cui i personaggi si perdono di vista e si ritrovano dopo sei mesi. Quindi da un lato fare un libro di 400 pagine diventava anche antipatico da sfogliare, poi mi piaceva che il lettore facesse scorrere questi mesi prima di incontrare di nuovo i personaggi, piuttosto che dopo aver sfogliato una sola pagina. Mi piaceva che vivesse lo stesso distacco che vivono i personaggi del libro.

Che è un ragionamento molto da patito da serie tv… cosa stai guardando in questi giorni?
Sto guardando su Netflix Alias Grace e Stranger Things, che non ho ancora finito perché sono sempre in giro.

Ti sta piacendo la seconda stagione di Stranger Things?
Sono a metà e mi sta piacendo, non ho quello stupore genuino dalla prima, ma sarebbe stato impossibile. Però tiene, la storia è bella.

Uno dei cardini di Stranger Things, una delle frasi che vengono ripetute più volte è “Friends Don’t Lie”, ovvero il primo e unico comandamento dell’amicizia: non mentire mai. A trent’anni si può non mentire agli amici?
Io sto imparando proprio a trent’anni a non mentire agli amici. Ho passato una vita a ingoiare cose e i fumetti sono stati la chiave con cui ho imparato a non mentire. Tante cose che non ho mai detto i miei amici le hanno scoperte dai fumetti, almeno all’inizio, quando ancora se li leggevano.

Adesso non li leggono più?
No, figurati, i miei amici hanno smesso di leggere i miei fumetti dopo “La profezia dell’armadillo”, ma perché era la novità eccentrica che un loro amico aveva fatto un fumetto ed era finito in libreria. Da allora mi dicono solo: “ammazza che palle, ma stai sempre in televisione!”. Fine, nessuno di loro si è mai più letto niente di Zerocalcare.

L'inquisizione interiore di Zerocalcare, da Macerie Prime  Una vignetta tratta da Macerie Prime di Zerocalcare

Un aspetto legato a quello che dicevi sui personaggi che crescono e che affronti nel libro è quando i tuoi amici iniziano a fare i lavori “dei grandi”, ad esempio quando saltano dall’altra parte della barricata e diventano loro gli insegnanti. E ti sembra impossibile, perché non riesci a concepire come possano trasmettere un senso di autorità.
Allora, per prima cosa devo dire che l’amico di cui parlo nel libro, quello che diventa insegnante, esula da questa sensazione fisiologica: il fatto che quel mio amico insegni è qualcosa che grida vendetta di fronte al dio dell’istruzione. Però ho amici che sono diventati giornalisti e fanno i ricercatori e mi sembra sempre abbastanza incredibile. Non capisco come mi percepiscano da fuori, forse il fatto che faccio fumetti mi continua a mantenere in una bolla giovanile e mi permette di evitare di comprare una camicia. O magari da fuori anche io gli sembro uno “che ce l’ha fatta”. Però sì, mi dà sgomento e mi sembrano figure che sono andate molto più veloci di me: io mi sento di aver fatto molto meno come costruzione della mia vita e questa cosa mi fa impressione.

Vabbè, sono forme diverse di costruzione: non stai provando a portare il primo fumetto in una casa editrice a 34 anni. Come loro, hai trovato una strada e sei andato avanti.
A livello razionale e politico la penso all’opposto, ma a livello intimo, sento un’insicurezza che mi fa risbucare delle forme di attaccamento a cose molto conservatrici. Mia madre è orgogliosissima del mio lavoro, ma a me viene da incarnare quello che direbbe un’ipotetica madre, ovvero: “tu fai i disegnini, mentre lui lavora all’università”. Questo complesso, questa soggezione un po’ li sento, anche se in realtà non me lo fa pesare nessuno.

Un altro tema fortissimo nel libro, che era già uscito in passato e di cui in parte avevamo già parlato, è quello del tradimento delle origini, degli ambienti dei centri sociali. Parli di amici che si sono cristallizzati e li critichi, ma di fatto restare ortodossi non è una forma di cristallizzazione all’ennesima potenza?
La mia ricerca nella vita, quello per cui campo è tenere insieme questi due piani: andare avanti nella vita, senza mollare valori e stili di vita comunitari a cui sono molto legato. Come queste due cose possano viaggiare insieme non lo so e questo libro è anche il racconto di una crisi a riguardo. A me sembra ancora di riuscire a tenere, anche se non in maniera lineare, andando sempre a sbalzi tra avvicinamenti e allontanamenti, però poi la formula per uscirne bene io non l’ho ancora trovata.

In questi sette anni di lavoro come Zerocalcare, qual è stata la soddisfazione più grossa che ti sei portato a casa?
La soddisfazione più grossa che mi porto a casa è quando magari riesco a stare a Roma il giorno in cui c’è un concerto di amici miei o di persone di cui sono legato, della tribù mia. Oppure stare a Roma il giorno in cui succede qualcosa di particolarmente significativo, magari quando arrestano delle persone: momenti in cui bisogna starci. Vedere che nonostante il lavoro mi abbia fatto prendere un sacco di strade diverse, in quel posto là io sono ancora a casa mia e ho ancora tanto affetto intorno. Quando io parcheggio la macchina la sera e sto andando a casa, è questo che mi fa pensare di stare facendo la cosa giusta e corretta. Ovviamente ci sono gratificazioni con il lavoro, ma è questo che mi fa stare in pace con me stesso.

Cosa succede a Zerocalcare quando dice sì a tutto, da Macerie Prime  Una vignetta tratta da Macerie Prime di Zerocalcare

In Macerie Prime, l’unico riferimento al tuo libro Kobane Calling è una piccola parentesi dedicata a chi decide di andare là a combattere, scelta compiuta anche da Ayse Deniz, ragazza che avevi conosciuto e che è morta combattendo l’ISIS. Una scelta fortissima, che si scontra con le vite quotidiane di una normale persona occidentale.
Ci sono diverse persone che conosco che sono là e stanno combattendo: io ci sono andato per fare un fumetto, ma c’è gente che non tornerà finché la questione non sarà finita, quindi chissà quando. La loro decisione è una cosa che ci permette di non vergognarci di questo tempo storico, però penso che anche chi sta qua, chi si barcamena per arrivare a fine mese o a 36 anni fa gli inventari dei supermercati di notte, in qualche modo sta vivendo una guerra nel suo tempo e nel suo contesto. Riuscire a vivere e rimanere coerenti ed empatici all’interno del disastro del nostro tempo richiede grande forza e determinazione, tanto che se poi questo paese si lacera in guerre tra poveri ti fa capire quanto sia difficile restare umani.

Legato proprio al nostro contesto e al nostro tempo è quanto è accaduto settimana scorsa a Ostia, che è in realtà solo l’episodio più evidente di un mondo che esiste e che da fuori si fatica a percepire. Come puoi spiegarlo a chi non lo conosce, visto che per te è appena fuori casa?
Noi per 15 anni abbiamo detto che i neofascisti erano un problema e tutti ci hanno ridicolizzati e presi per matti. Adesso proviamo a dire che sono un problema, ma sono anche resistibili: non stanno prendendo il potere e sono qualcosa che si può affrontare, invece tutti stanno dicendo che sono fortissimi e sono dappertutto. Esiste la moderazione nel parlare dei fenomeni, che vuol dire non minimizzarli, ma nemmeno renderli spettacolari: invitarli a tutte le trasmissioni è come generare una profezia che si autoavvera. A Ostia c’è un disastro sociale che ha prodotto un astensionismo gigantesco e in questo astensionismo alcune forze della destra radicale hanno aumentato i loro voti rispetto a prima, ma le percentuali sono dopate dal fatto che l’affluenza era bassissima. Alcune di queste formazioni nel corso delle ultime settimane sono state presentate come forze che hanno un seguito di massa e portano avanti il lavoro che faceva il PCI negli anni ‘50, quando in realtà parliamo di organizzazioni assolutamente minoritarie dal punto di vista numerico, che magari mettono su Facebook una foto in cui danno un pacco di pasta e quella foto sembra il grande intervento sociale nel quartiere. In realtà per fortuna le cose non stanno così e sarebbe importante che anche chi se ne occupa gli desse il giusto peso e desse il giusto peso alle cose che accadono. Ci sono quartieri di Roma dove cittadini italiani con la pelle nera non riescono a prendere casa quando gli viene assegnata perché queste stesse formazioni li cacciano via, ma i giornali ne parlano come se fosse “la casa agli stranieri”. Al di là del vuoto della politica, il problema è anche nel modo in cui questi fenomeni vengono raccontati, perché se li raccontiamo con questo allarmismo e permettiamo a queste forze di rappresentarsi nel modo che preferiscono, si costruisce una bolla mediatica che prima o poi finisce per diventare reale.

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