Society
di Ilaria Perrone 20 Maggio 2016

La prima volta delle trentenni e delle ventenni a confronto

L’incontro con il sesso per le ragazze degli anni ’80 e degli anni ’90: generazioni a confronto tra romanticismo e pragmatismo

Ilustrazione di Sara Ciprandi - saraciprandi.com  Ilustrazione di Sara Ciprandi 

 

Signorina prima volta, dopo la primavolta la primavolta non è più, dice una canzone dei Tre Allegri Ragazzi Morti che con molta tenerezza mi riporta indietro nel tempo, a più di dieci anni fa, quando i mie anni erano ancora venti e qualcosa e la mia prima volta era meno lontana di quanto non lo sia adesso.

Nonostante ne sia passata di vita sotto i ponti e l’adolescenza sia qualcosa di lontano, ricordo benissimo la me di quell’epoca. Romantica, testarda e sognatrice, pronta a sfidare mostri e a difendere le favole in nome dell’amore vero, quello da principe azzurro su un cavallo bianco, quello del «io e te da soli contro tutto il mondo», del tu mi salverai e mi porterai via dalla provincia, via da questa noia, via dalle giornate tutte uguali e così diverse da quelle che ci sono nei film.

Siamo cresciute con la convinzione che la prima volta segni la vita di una ragazza, che sia uno di quei momenti con un’importanza quasi esagerata, qualcosa da aspettare, calcolare e da fare in modo perfetto, con il ragazzo giusto. E così tutte alla ricerca del nostro Terence, maledetta Candy Candy. Mi sono chiesta se a distanza di anni è ancora così, se per la generazione delle nate negli anni ’90 riveste la stessa importanza o se le nuove ventenni sono, come dicono, meno romantiche e più spigliate in materia di noi nate dieci anni prima.

 

giphy.com

 

Chiedo alle ragazze di raccontarmi quello che hanno vissuto, di condividere con me i loro ricordi, lo faccio senza pregiudizi, ne scelgo dieci, cinque nate negli anni ‘80 e cinque nate nei ‘90, mi dicono tutte di aver avuto la prima esperienza tra i quattordici e i diciotto anni, è G., 34 anni, a iniziare a raccontare e ad aprire il rubinetto dei ricordi e delle sensazioni. Le chiedo di parlarmi delle prime cose che le vengono in mente, senza pensarci troppo su:

«Avevo sedici anni, ricordo che ero felice, in un certo senso fiera di me, sai quando ti viene voglia di strizzarti l’occhio e darti una pacca sulla spalla da sola. Alla fine ero riuscita ad ottenere quello che volevo e con il ragazzo che mi piaceva. Mi ricordo il dolore, ma se dovessi associare un aggettivo ti direi che era comunque qualcosa di dolce e poi la musica che c’era, Virtual Insanity di Jamiroquai. Prima di quello solo spiagge estive, muretti nascosti e discoteche della domenica, ma quello che ricordo in modo più divertente erano le camere delle vacanze studio all’estero dove s’iniziava con i baci, si passava alle carezze e si finiva ancora con i baci – ride – eravamo troppo piccoli, incoscienti, avevamo voglia di evadere le regole, eravamo spaventati ma anche affascinati dall’idea di essere scoperti».

Chiedo la stessa cosa a L., 20 anni e la risposta è di quelle sicure, di una quasi donna che sapeva esattamente cosa voleva, sembra più grande della sua età, molto più consapevole:

«Avevo14 anni – ride – ho dovuto pensarci qualche istante per rispondere. Dell’atto in se non ricordo in pratica nulla, ma non ero per nulla agitata, conoscevo alla perfezione il corpo di Pier, il mio ragazzo, ed ero sicura che sarebbe stato dolce e delicato. E cosi è stato. Mi ricordo la seconda, la terza, la quarta e la quinta volta, tutte nella stessa giornata. Ho deciso che era il momento giusto decretando, dopo tre settimane di conoscenza simbiotica, che lui fosse quello con cui farlo. Non so come l’ho capito, ma la mia intuizione si è rilevata corretta: siamo stati insieme due anni, amandoci e proteggendoci con il nostro sentimento adolescenziale.

 

donna martin

 

Non so se a vent’anni avrei avuto questa sicurezza, ho la sensazione che noi ragazze della generazione ‘80 fossimo un po’ più ingenue. Non che fossimo suore, forse volevamo essere solo certe della scelta, c’era questa cosa che ci avevano messo in testa del momento perfetto, un po’ alla Donna Martin di Beverly Hills. Passavamo mesi e mesi a chiederci se lui fosse il ragazzo giusto, e volevamo fosse così, ne parlo con I., 30 anni:

«Ho aspettato tanto per decidere di compiere il passo, tra paura ed emozione, ci ho riflettuto molto. A pensarci adesso il ragazzo con cui ho fatto l’amore la mia prima volta è stato il mio fidanzato per i tre anni successivi quindi suppongo di aver, in un certo senso, deciso che doveva essere lui perché avevo il sentore che quella sarebbe diventata una storia importante. Ricordo molto imbarazzo, molta ingenuità e allo stesso tempo una viscerale passione venuta fuori in quel momento, una parte di me che non conoscevo ancora e che mi lasciò stupita».

Poi chiedo ad A., 21 anni, le chiedo cosa si ricorda e come ha capito che era il momento giusto, se ha aspettato il ragazzo perfetto: «Avevo 17 anni e ricordo molto poco, forse a causa della mia poca memoria o forse perché effettivamente la prima volta non è mai così grandiosa da essere ricordata. Non avevo avuto molte altre esperienze, anzi, non ero per niente esperta in questo campo, non ero mai in pratica andata oltre al bacio. Non ho mai aspettato o pianificato la cosa, è capitato e basta, quel giorno sicuramente non mi ero svegliata con l’idea di avere la mia prima volta ma rimpianti zero, è successo con la persona giusta e non ho brutti ricordi di quel momento».

 

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Romanticismo anni ’80 vs pragmatismo anni ’90, le prime alla ricerca del momento da ricordarsi per il resto della vita per poterlo raccontare con tanto di particolari romantici anche alle amiche dell’ospizio, le seconde con la fredda consapevolezza che non sarà effettivamente la volta migliore della loro vita? Se fosse così sarebbe un colpo al cuore per una vecchia romantica come me.

Non tutte le trentenni però hanno aspettato di farlo con il fidanzato, con quello che credevano l’amore della loro vita, insomma a volte si sceglieva il migliore amico o il ragazzo conosciuto in vacanza o a volte ci si lanciava per istinto. Ne parlo con S. 30, quasi 31 e, come dice lei, 12 capelli bianchi, forse uno per ogni ex.

 

«Lui non era il mio fidanzato, ci pensavo da un po’, da un paio di mesi. Lui era il ragazzo che volevo da quando ero bambina, quello con cui ero cresciuta insieme, non so come ma decisi che doveva essere lui. Siamo andati avanti per un anno, non ne abbiamo parlato con nessuno se non io con mia cugina e lui con il suo migliore amico. Non eravamo una coppia, ma ci volevamo e ci preoccupavamo l’uno dell’altra. Uscivamo insieme, da soli e con amici comuni. Facevamo le vacanze insieme, San Lorenzo a guardare cadere le stelle in cima a una collina, cose romantiche, ma non ci sentivamo una coppia. Non eravamo legati in quel senso, ci volevamo molto bene e siamo tutt’ora in ottimi rapporti. A distanza di 15 anni penso sempre che lui fosse quello giusto per la mia prima volta, è una cosa molto tenera anche se si trattava solo di sesso».

 

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Nonostante tutto rimane quell’atmosfera romantica e tenera da prima esperienza, qualcosa che comunque legherà due persone a un ricordo per il resto della loro vita. Non so, forse è colpa di Dawson’s Creek e tutte le seghe mentali sull’amore e i dialoghi sulla prima volta, ma credo che sia giusto così, che una guardando indietro debba provare un po’ di tenerezza, un po’ di nostalgia. Provo a cercare un barlume di romanticismo nella prossima ragazza anni ‘90, provo a tirarglielo fuori e a chiedere quanto fosse importante per lei quest’aspetto, lei è C. e ha 22 anni e mi risponde molto decisa: «Non riesco ad associare la mia prima volta a qualcosa di romantico, ricordo che ero a casa sua ma non ricordo niente di particolarmente sdolcinato, era il mio ragazzo ci volevamo ed è successo, è stato tutto molto naturale, non era programmato. Lui era il mio primo ragazzo e se ripenso a quel momento più che romantico credo che fosse reale, diverso da come me lo aspettavo ma molto più reale».

 

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Tutte pragmatiche queste ventenni, quasi troppo, tanto da sembrare anche più adulte e più distaccate di quelle della mia generazione, forse con il passare del tempo si diventa più tenere e nostalgiche? Forse sto invecchiando o è veramente colpa dei dialoghi di Dawson’s Creek e di Joey che aveva un orgasmo se Pacey le sfiorava il braccio?

Quando ormai sto per perdere tutte le speranze arriva M., 19 anni appena compiuti, a illuminare un deserto di emozioni e a farmi credere che le sognatrici non siano morte, che per le Jane Austen ci sia ancora speranza, mi racconta la sua prima volta e mentre lo fa vedo la luce in fondo al tunnel: «Lui lo avevo conosciuto in vacanza un anno prima e durante quell’anno abbiamo continuato a sentirci ogni giorno, sapevo che lui era lontano e non poteva essere il mio ragazzo ma non volevo smettere di parlarci, di sapere come stava e a quanto pare non ci riusciva nemmeno lui. L’anno prima eravamo stati insieme per una settimana ed eravamo stati davvero bene, ridevamo tantissimo e riuscivamo a parlare liberamente l’uno con l’altra. Prima di incontrarlo stavo bene, ma con lui stavo meglio, mi mancava. Lo volevo rivedere e in quell’anno che siamo stati lontani ho pensato diverse volte a come sarebbe stato con lui se mai lo avessi rincontrato. Quando siamo riusciti ad organizzarci per vederci di nuovo ero sicura di volere fare l’amore con lui. Con lui ci stavo bene, mi sentivo sicura, sentivo che lui provava le stesse cose. Quella sera non avevamo progettato nulla è successo da sé con molta naturalezza. Tutt’ora ci sentiamo ogni giorno, dopo quella vacanza ce ne sono state altre l’ultima delle quali molto recente».

Mi sento rincuorata, vedo le stelline nei suoi occhi, le farfalle nello stomaco, questa generazione di ventenni mi sembra più umana, più vicina. Su una cosa sono sicura che non ci siano differenze e si tratta delle aspettative vs realtà, insomma la prima volta non è mai come te la aspetti, di solito è una grossa delusione tra imbarazzo, un po’ di dolore e il non sapere cosa fare, faccio di nuovo la stessa domanda alle ultime tre ragazze, prima a A. e a G. 30 anni e poi a N., 20 anni. «Non è stata come me la aspettavo, insomma fisicamente non ricordo di aver provato alcun tipo di piacere ma non importa, avevo il cuore che scoppiava, é stato più bello di quello che mi aspettavo. Eravamo innamorati ed era la prima volta per entrambi, è stato molto romantico».

«Pensavo fosse bello, nel senso che avrei provato qualcosa di fisico. Ma a parte un po’ di dolore l’unica cosa che pensavo era: “non posso crederci, lo sto realmente facendo. Ah, è veramente cosi? Certo è strano.” Non si gode granché, al contrario di come si vede nei film, è una cosa abbastanza neutra. Non era brutto, affatto, ma mi aspettavo che succedesse qualcosa di epico, i film mi avevano dato un’idea sbagliata».

«Non è stata affatto come l’avevo immaginata, è stata una situazione molto intima ma anche molto deludente Il primo pensiero è stato che non mi sembrava poi nulla di che. Non avevo sentito male ma non avevo neanche provato piacere, non capivo ancora cosa ci fosse di così entusiasmante. È stata una prima volta molto sentimentale come mi aspettavo e volevo che fosse, ma dal livello sessuale è stata una prestazione imbarazzante, alla fine eravamo inesperti dovevamo ancora imparare e scoprirci».

Forse noi degli anni ’80 sognavamo ancora il principe azzurro, forse eravamo un po’ più ingenue o forse no, si tratta sempre di soggettività, alla fine l’unica cosa certa è che ci siamo passate tutte e tutte siamo cresciute e da lì in poi abbiamo messo davanti a noi molta altra vita, molto altro sesso più o meno romantico che sia, perché alla fine ci sta che a volte non lo sia per niente e questo lo abbiamo sicuramente imparato sulla nostra pelle.

 

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In mente un’altra canzone dei Tre Allegri Ragazzi Morti, sorrido di nuovo e vedo la ragazzina adolescente che ero cantare chiusa in camera sua con le cuffie e un walkman di quelli a cassetta, la saluto con la mano: «Ehi, ehi baby molto sex, Coca Cola, testa vuota, vuota come la decidi tu, io nuovo gioco, fuoco, ciao, rock’n roll. La parola chiave la decidi tu».

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