TV e Cinema
di Marco Villa 21 Settembre 2015

Gli Emmy 2015 e la sconfitta definitiva della tv generalista

I premi di ieri notte hanno sancito la fine di un intero modo di fare televisione e di scrivere le serie tv

Peter Dinklage, con la statuetta vinta per Game of Thrones IGN - Peter Dinklage, con la statuetta vinta per Game of Thrones

 

Per pura casualità, quest’anno la premiazione degli Emmy Awards e la finale di Miss Italia sono avvenute nella stessa sera. Un po’ ci vergogniamo a mettere nella stessa frase uno show pazzesco per scrittura e tempi, condotto da un mostruoso Andy Samberg, con una trashata che sembra arrivare da un’altra era geologica e che è condotta da Simona Ventura. Emmy e Miss Italia, però, hanno due cose in comune: chi li guarda, alla fine commenta sempre nello stesso modo: “Doveva vincere quell’altra”. E poi dopo due giorni si dimentica di tutto.

Tutto questo fino a ieri sera, perché se per Miss Italia non è cambiato nulla, gli Emmy 2015 hanno dato la sensazione di essere stati un momento spartiacque decisamente importante nella storia della televisione: il momento in cui le reti generaliste sono state sconfitte su tutta la linea.

 

Tony Hale e Julia Louis-Dreyfus, entrambi premiati per VEEP Giphy/Fox - Tony Hale e Julia Louis-Dreyfus, entrambi premiati per VEEP

 

In generale, gli Emmy 2015 saranno ricordati per essere i primi in cui Game of Thrones ha finalmente portato a casa la statuetta come miglior serie drammatica: esatto, la serie tv più importante di questi anni non aveva mai vinto il premio più significativo e ambito. È successo quest’anno: la serie nata dai libri di George Martin ha vinto anche altre undici statuette, ma la vera trionfatrice di questa edizione è HBO. La rete cable ha semplicemente vinto TUTTO: miglior serie drammatica (Game of Thrones, appunto), la miglior serie comedy (VEEP), la miglior miniserie (Olive Kitteridge), il miglior tv movie (Bessie). Boom. Una vittoria assoluta, anche perché a questi premi vanno aggiunti quelli vinti da molti attori, protagonisti e non. Dalla coppia di VEEP Julia Louis-Dreyfus (terzo premio consecutivo per lei) e Tony Hale, passando per Frances McDormand, Richard Jenkins e Bill Murray (rispettivamente attrice, attore protagonista e guest star in Olive Kitteridge).

Se si contano i premi vinti da Netflix per Orange Is The New Black, da Amazon per Transparent e da AMC per Mad Men, si capisce chi sono i grandi sconfitti dell’anno: le reti generaliste. Davvero pochi i premi portati a casa e gli unici di rilievo se li è aggiudicati ABC, con tre statuette per la miglior attrice in varie categorie: Viola Davis (How To Get Away With Murder), Alison Janney (Mom), Regina King (American Crime). Cancellata dall’albo dei vincitori anche Modern Family, che arrivava da 5 successi consecutivi come miglior comedy e che poteva essere considerata il simbolo della apparente residuea superiorità delle generaliste nelle commedie. Una superiorità tutta teorica, che è stata spazzata via quest’anno.

 

Frances McDormand, miglior attrice per Olive Kitteridge Giphy/Fox - Frances McDormand, miglior attrice per Olive Kitteridge

 

In termini qualitativi, il divario tra le reti generaliste e quelle via cavo è da tempo sotto gli occhi di tutti, ma gli Emmy di quest’anno sono un vero bagno di sangue per i network tradizionali, che ogni stagione sfornano decine e decine di nuove serie che non solo faticano a conquistare gli spettatori, ma spesso non riescono nemmeno ad arrivare alla fine della prima stagione. I motivi? Tantissimi, su tutti il fatto di non godere della stessa libertà delle cable in termini narrativi e visivi. Detta in altre parole: NBC, CBS, ABC e simili non possono permettersi temi al limite, ma nemmeno scene di nudo o particolarmente violente. E bastano pochi secondi per capire che si tratta esattamente degli elementi che stanno facendo la fortuna di HBO, AMC, Showtime, ma anche di Netflix e Amazon.

Se l’inizio degli anni 2000 ha segnato la nascita della nuova narrazione seriale, la fine degli anni dieci si preannuncia come un passaggio cruciale per le reti generaliste e per la serialità stessa, destinata a passare attraverso una nuova rivoluzione linguistica o ad allontanarsi in modo sempre più marcato dai network non via cavo, per privilegiare altre reti o altre tipologie di produzione (da giganti online come i già citati Netflix e Amazon o Yahoo, al crowdfunding).

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