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Le illustrazioni asciutte ed eleganti di Davide Abbati

Quando descrive il suo stile dice “asciutto”, ed è perfetto per riassumente i suoi lavori. Davide Abbati è un giovane illustratore milanese che gioca con linee molto pulite e contrasti cromatici davvero interessanti.  Ha collaborato con clienti importanti come con Feltrinelli, il Sole 24 Ore, La Stampa, Editori Riuniti, La Repubblica ed altri ancora. Gli abbiamo fatto qualche domanda.

 

Breve presentazione: chi sei, quanti anni hai, da dove vieni?
Mi chiamo Davide Abbati, ho 29 anni e sono nato e cresciuto a Milano. Vivo tra l’Italia e la Spagna e da tre anni  lavoro come illustratore freelance.

 

Dove sei adesso? Descrivi la stanza in cui ti trovi.
Mi trovo nello studio di Boombang Design, nel quartiere Isola di Milano. Di fronte a me, dietro i rispettivi monitor, le mie colleghe Lorenza e Caterina si lamentano della mia selezione musicale per la mattinata (l’ultimo disco di Alicia Keys). Fuori sembra stia per piovere.

La prima cosa che hai disegnato e l’ultima.
Da piccolo disegnavo sempre e solo dinosauri, che bel periodo! L’ultima cosa che ho disegnato invece è una striscia a fumetti a tema Bollywood per Origami, il settimanale di La Stampa.

Qual è la tua tecnica preferita e perché?
Quando cerco l’idea per un’illustrazione disegno a mano mentre il definitivo è sempre in digitale. Mi basta un taccuino per gli appunti, il computer e la tavoletta grafica per poter lavorare ovunque mi trovi, lo trovo molto pratico.

 

 

Hai dei rituali prima di metterti al lavoro e dopo aver finito?
Direi di no, non me ne viene in mente nessuno.

Che rapporto hai con le tue opere? Le vendi senza problemi o fai fatica a staccarti?
Le mie illustrazioni nascono da un processo abbastanza travagliato, soprattutto nella ricerca dell’idea da sviluppare, per questo motivo mi ci affeziono molto; lavorando in digitale per fortuna il problema del distacco dall’originale non sussiste, quelle che vendo sono delle riproduzioni.

Qual è l’errore che un artista non dovrebbe mai commettere?
Non saprei, forse cadere nel luogo comune, nel già visto. Nell’illustrazione concettuale capita spesso.

Stefano Disastro

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Stefano Disastro

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