Una sala da macello a Roma ha trovato il modo di reinventarsi: oggi è uno spazio artistico collettivo e allo stesso tempo dimora di 200 rifugiati. Si chiama Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz (MAAM).
Tutto è iniziato quando nel 2009 diverse famiglie di migranti hanno messo a nuovo il complesso, ripulendolo da capo a piedi. Quando nel 2011 Giorgio de Finis ha scovato l’edificio e ha messo a fuoco un progetto di organizzazione di spettacoli ed eventi, le famiglie già avevano realizzato alcuni murales.
‘L’unione fa la forza’ è un detto forse scontato, ma senz’altro vero. Il frutto della collaborazione fra De Finis e i 200 rifugiati ha portato alla creazione di un’opera d’arte a tutto tondo, richiamando oltre 300 artisti da tutto il mondo.
Graffiti, installazioni e dipinti hanno fatto sì che il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz diventasse noto fra diversi circuiti artistici. Immaginiamo senza troppa fatica, dopotutto l’arte è arte e l’occhio umano ancora non sa mentire. Un tempo adibita alla macellazione, oggi ospita caldamente sale, opere d’arte e installazioni che fungono anche da grandi parchi divertimenti per bambini, per non scontentare proprio nessuno.
Parecchie fra le persone che vivono qui non hanno un’occupazione e vivono in maniera illegale all’interno dell’edificio. Nonostante le numerose critiche mosse all’Italia per questo, la sempre più evidente notorietà e l’eclatante bellezza del museo d’arte potrebbe continuare a garantire una dimora a chi ha creato e popola il MAAM.
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