Musica

Di cosa diavolo parla la canzone di Alessio Bernabei al Festival di Sanremo?

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Pochi sussulti nella prima serata di Sanremo, ma qualche brivido freddo di quelli che ti toccano quando ti concentri sul testo di una canzone e arrivi alla fine credendo di essere stato vittima di un’enorme supercazzola, o peggio.

Il cantante in questione è Alessio Bernabei, già famoso come frontman dei Dear Jack e da qualche anno solista. Magari non lo conoscete di nome ma la sua canzone sanremese precedente, Noi siamo infinito, è diventata un successone nelle radio commerciali.

Lui ormai ha il trovato il suo stile: pezzo ritmato ma melodico, cassa dritta, coretti alla Arcade Fire dell’Azione Cattolica, bella faccia e ciuffo, che funziona sempre quando si tratta di vincere al televoto.

 

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Il pezzo di quest’anno di intitola Nel mezzo di un applauso e sulle prime vi sfido a capire di cosa cazzo parli. Già nella prima strofa sembra la confessione di un giovane maniaco: Stanotte ho aperto uno spiraglio nel tuo intimo, non ho bussato però sono entrato piano. Una roba inquietante per Sanremo, ma magari poi si riprende. E invece va ancora più a fondo.

Aspetterò che tu ti senta più al sicuro, nel frattempo ti canto una canzone al buio. Immaginatevi la scena: siete a letto, dormite e al buio sentite uno nella stanza che canta piano piano. Un incipit degno di un film di quelli che ti svegli la notte col batticuore e guardi sotto il letto per vedere se ci sono i ladri in casa o i demoni giapponesi appesi al soffitto.

 

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È il tratto fuori dal comune a vivere nel tempo, quella bellezza il cui difetto resta al posto giusto.  Se vuoi trovarmi, cercami nell’imprevisto. Parole in libertà, come ai tempi del Futurismo. La trama s’infittisce e resta sempre abbastanza inquietante. Che significa Cercami nell’imprevisto? Quando un treno fa ritardo? Quando faccio un incidente in rotatoria? Quando mentre guardo Netflix muore internet?

Ho capito che la felicità non è per sempre, dice, ed è subito un premio Grazie al Cazzo recapitato comodamente a casa. Ti viene data in prestito e adesso che è qui con me, ho capito che posso regalarla a te. Questa l’abbiamo capita ma non torna la logica: Bernabei, se le regali la tua felicità, poi tu sarai infelice e sai che palle averti intorno tutto il giorno col muso lungo? Eri partito inquietante e ti sei trasformato in accollo.

 

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Dal nulla il pezzo cambia registro e s’invola in descrizioni atmosferiche che nemmeno Giuliacci da ubriaco: E non c’è pioggia e non c’è vento che può spegnere l’epicentro dei tuoi occhi su di me, e qui ci siamo di nuovo dimenticati del congiuntivo, in ogni caso non si può biasimare questa ragazza se ha gli occhi sbarrati su di te, hai presente come le sei entrato in casa? Quella cosa dell’aprire spiragli nell’intimo e cantare canzoni al buio è angosciante, altro che regalare felicità.

Perché siamo nel mezzo di un applauso, l’universo intero applaude noi. Non ti accontenti di qualcuno solo perché è ovvio, come un accordo dissonante a cui non fai più caso, se vuoi incontrarmi, cercami nell’imprevisto.

Ora il testo sembra il risultato di quel gioco in ci si mette in cerchio, uno dice una cosa nell’orecchio all’altro e ognuno ci aggiunge la sua, fino a formare una frase che non vuol dire niente. In più c’è l’indizio dell’accordo dissonante, colonna sonora perfetta che fa tornare prepotentemente all’ipotesi maniaco già sviluppata in precedenza.

 

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Alessio afferma: Sento che rinasco dal tuo stesso petto per morire non so dove e non so quando, nell’abbraccio tuo intravedo meglio tutto, e tutto è stupendo. Contento lui, ma in realtà di cosa sta parlando? Si sono finalmente beccati a caso nell’imprevisto? È stato beneficiario di un trapianto d’organi? Hanno fatto uso di sostanze tipo l’MDMA, che fa vedere tutto bello e fa parlare a caso? È forse una canzone d’amore dedicata agli occhiali da vista nuovi?

È davvero difficile trovare il bandolo della matassa di una storia che continua a sfuggirci e proprio per questo motivo ci affascina così tanto.

Simone Stefanini

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