Musica

Una matinée con i Kings of Convenience

Sono stato allo spettacolo mattutino al Teatro degli Arcimboldi di Milano di  Erlend Øye e Eirik Glambek Bøe e ho scoperto che suonare prima delle 22 è cosa buona e giusta.

Cosa c’è di meglio di un manto coperto di foglie autunnale per i KoC?

La domanda era abbastanza scontata “Chi me l’ha fatto fare?”. Già perché, senza ombra di dubbio, lunedì primo novembre 2021 non sarà ricordata come la più scintillante delle giornate a Milano: piove dalla mattina presto e pure bene, forte e fitta. Eppure questo lunedì festivo non è una giornata come tutte le altre, quindi occorre scrollarsi il torpore da “giorno senza scuola” e infilarsi in metro, di buon’ora: già perché  Kings of Convenience sono in città, più precisamente al Teatro degli Arcimboldi, per due spettacoli nella stessa giornata organizzata da DNA Concerti. Con un po’ di sano masochismo ma anche una curiosità per capire se “si possa fare o meno” o scelto matinée: inizio del live ore 13. Sì, avete capito bene e la domanda adesso è cambiato: si può fare musica prima del tardo pomeriggio?

Beh, a giudicare dal sold-out che, di minuto in minuto si stava materializzando davanti ai miei occhi la risposta del pubblico è stata super accalorata: vuoi per il fatto che i Kings of Convenience, anche per trascorsi “nostrani” di Erlend Øye (come ci ricorda Marco Beltramelli in questo mitologico articolo su Rockit) vuoi per il lunedì di festa il teatro, poco prima dell’inizio del live è pieno in ogni ordine di posto. Da qui, da questa vibrante partecipazione (con un’età media certamente “alta” ma non altissima, grosso modo tantissimi quarantenni, un buon numero di sessantenni curiosi e qualche stoico ventenne) il duo acustico norvegese si è lanciato in una live di oltre due ore in cui ha snocciolato buona parte del proprio repertorio: tributando il giusto omaggio agli storici album Riot on an Empty Street e Declaration of Dependence ma anche regalando qualche piccola anticipazione del loro nuovo disco, Peace or Love.

Ascoltare la band norvegese è sempre una specie di atto di fede: infatti, al di là del perfetto impasto vocale fra i due, che dal vivo è ancora più impressionante, quello che stupisce è come i pezzi dei Kings of Convenience funzionano solo perché solo loro a farli. Intendiamoci: se si presta bene l’orecchio ci si accorgerà che anche musicalmente siamo davanti ad arrangiamenti anche molto complessi ma è soprattutto la misura degli elementi messi in gioco a impressionare. Erlend Øye e Eirik Glambek Bøe sanno dividersi, alla perfezione i compiti e i ruoli, in un sistema a incastri che, anche grazie alla cornice del teatro, crea una connessione intima e “privata” con il pubblico: questa è, chiaramente, non musica gradita ma non musica in sordina. Si tratta infatti di un pop-folk che non ha bisogno della classica “big-band” per giungere alle orecchie e agli occhi di tutti: alle volte basta anche solo un sussurro di voce, ma solo se quel sussurro è perfetto. Con i KoC questa perfezione è tangibile.

Ed allora la matinée  è il modo e il tempo migliore per assistere a un concerto dei Kings of Convenience: i tempi sono più rilassati (tanto non c’è la metro o la 90 da prendere al volo rischiando di perdere l’ultimo passaggio verso casa). Il concerto si dilata e si amplia a piacimento, coinvolgendo altri due musicisti che danno animo e corpo ai pezzi del duo chitarra e voce con l’ausilio di un violino e di un contrabbasso. Ma tutto è equilibrato e elegante, tanto quanto lo è Erlend Øye che a un certo punto confessa: “Mi piace fare un gioco quando vado in una città dove non sono mai stato. Mi metto passeggiare e poi, tra la folla, individuo una persona, un volto, un paio di occhi: allora mi metto a salutarlo, con foga e affetto fino a quando quella persona non ricambia il mio saluto. Ovviamente non sa chi sia ma mi piace pensare che, sotto la mascherina, stia in qualche modo sorridendo“.

Beh ora non so dirvi come reagire se un perfetto sconosciuto mi salutasse in viale Certosa quando corro per non arrivare tardi in ufficio ma una cosa la so: ieri mattina di sorrisi sotto le mascherine ce n’erano un sacco e come ha avuto modo di dire Eirik Glambek Bøe: “Oggi non è una bella giornata, piove e fa pure freddo – che detto da un norvegese ha tutto un altro sapore – però mi piace pensare che la nostra musica sia la musica giusta per una mattina come questa, di pioggia e di vento“. Beh, sì, è stata la scelta giusta investire un po’ di tempo una mattina di inizio novembre: una mattinata così dolce era da tantissimo che non la trascorrevo.

Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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