Una recente ricerca presentata al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology ha acceso un nuovo faro su un possibile collegamento tra la pratica di uno sport molto apprezzato e un aumento del rischio di sviluppare il tumore al colon.
Sebbene l’attività sportiva sia tradizionalmente considerata un potente alleato nella prevenzione di molte patologie, questo studio suggerisce che un impegno fisico estremo e prolungato potrebbe comportare effetti collaterali inattesi.
Uno sforzo ai limiti della salute?
L’indagine, condotta dal dottor Timothy Cannon, oncologo presso l’Inova Schar Cancer Institute di Fairfax, Virginia, ha coinvolto un campione di 100 corridori tra i 35 e i 50 anni, sia maratoneti sia ultramaratoneti. Lo studio ha evidenziato dati sorprendenti: quasi la metà degli atleti esaminati presentava polipi intestinali rilevati tramite colonscopia, mentre il 15% mostrava adenomi avanzati, lesioni precancerose con un alto potenziale di trasformazione in tumore al colon.

Questi risultati, nettamente superiori rispetto all’incidenza osservata nella popolazione generale, hanno colto di sorpresa la comunità oncologica, aprendo la strada a nuove riflessioni su come gli sforzi fisici estremi possano influenzare la salute intestinale. L’ipotesi avanzata è che l’intenso stress fisico e la possibile infiammazione cronica dovuta all’attività prolungata possano favorire la formazione di tali lesioni.
Tradizionalmente, l’esercizio fisico regolare è associato a una riduzione significativa del rischio di sviluppare neoplasie, inclusi i tumori del colon-retto. Tuttavia, lo studio del dottor Cannon mette in evidenza un possibile effetto paradossale legato a un eccesso di attività sportiva, in particolare in discipline caratterizzate da sforzi di lunga durata, come le ultramaratone che possono superare i 50 o addirittura i 100 chilometri.
Questi nuovi dati sollecitano un approfondimento sull’importanza di monitorare la salute degli atleti d’élite e di valutare protocolli di screening più mirati per chi pratica sport estremi. La colonscopia, strumento diagnostico fondamentale per individuare precocemente polipi e adenomi, potrebbe diventare una pratica raccomandata anche per un pubblico sportivo selezionato.
Inoltre, emerge con forza la necessità di un approccio equilibrato all’attività fisica, sottolineando che, oltre una certa soglia di intensità e durata, l’allenamento potrebbe non essere più un fattore protettivo ma potenzialmente un elemento di rischio.
Il messaggio che arriva da questa ricerca è quindi duplice: da un lato, l’attività fisica continua a rappresentare un pilastro nella prevenzione di molte malattie, incluso il tumore al colon-retto; dall’altro, un impegno eccessivo e prolungato potrebbe avere ripercussioni negative che richiedono ulteriori studi e una maggiore consapevolezza.
Il dibattito scientifico si sta quindi orientando verso la definizione di linee guida specifiche per gli sportivi che praticano discipline di endurance estrema, con l’obiettivo di bilanciare i benefici dell’allenamento con una prevenzione personalizzata del rischio oncologico.
Questa scoperta ha ulteriormente stimolato iniziative di sensibilizzazione e prevenzione, come quelle organizzate in occasione di maratone di rilievo, tra cui la prossima edizione della Maratona di Monza, che il 13 settembre 2025 dedicherà particolare attenzione alla prevenzione del tumore del colon-retto, promuovendo stili di vita sani e controlli medici regolari.
Il rapporto tra maratona e rischio di tumore al colon rappresenta dunque un tema di grande attualità e importanza, che va affrontato con rigore scientifico e attenzione medica, per garantire a tutti gli appassionati della corsa una pratica sicura e salutare.