Venerdì scorso, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump (suona strano, lo sappiamo) ha firmato un ordine esecutivo che di fatto vieta l’ingresso in America a tutti i siriani fino a nuovo ordine e per 90 giorni ai cittadini di Iran, Yemen, Somalia Sudan e Libia.
In molti hanno paragonato questo decreto alle leggi razziali di Hitler e dopo i primi arresti negli aeroporti tra i cittadini delle nazioni interessate, il popolo statunitense è sceso in strada per protestare contro un provvedimento che di fatto punisce le persone non per ciò che hanno fatto ma per il paese dal quale provengono.
Fortunatamente in molti non la pensano come il miliardario nazionalista Trump. Tra i tanti, anche il sito di house sharing più famoso nel mondo, Airbnb, ha annunciato che offrirà alloggio gratis alle persone colpite dal provvedimenti di Trump.
Il CEO di Airbnb, Brian Chesky, ha annunciato la notizia su Twitter, per poi aggiungere: “Abbiamo 3 milioni di case, potrete decisamente trovare un posto in cui stare”.
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In altri tweet, Chesky si è opposto duramente nei confronti dell’ordine esecutivo, definendolo ingiusto e dichiarando che la sua missione è trovare soluzioni per unire le persone, non per dividerle.
Non è la prima volta che la compagnia si attiva per aiutare i rifugiati. Nel 2015 ha offerto alloggi gratis per aiutare i lavoratori in Grecia, Macedonia e Serbia. Oltre alle donazioni dal sito, Airbnb ha attivato programmi per far guadagnare i rifugiati che vivevano nei campi profughi in Giordania, facendoli diventare guide turistiche delle bellezze locali.
Una presa di posizione, quella dei vertici di Airbnb, che appoggiamo fermamente, convinti che la società debba essere aperta e plurale, senza alcuna discriminazione di sorta, tanto più se nasce da un pregiudizio.
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