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In Cina la necessità di ridurre il contatto umano si traduce in agricoltura più sostenibile

Quante cose ci sta insegnando questo maledetto covid-19? Quante le ricadute benefiche? Provando ad immaginare le conseguenze di questo periodo che sta rivoluzionando le nostre vite, alcuni punti di svolta positivi a lungo raggio, forse, ci sono. Giusto per dirne un paio: il tanto celebrato smartworking e il contactless delivery, o il ritrovato senso di responsabilità sui social e (speriamo) la maggiore capacità di individuare le fake news, nonché solidarietà, senso di comunità, riscoperta della noia, dell’ascolto di noi stessi e degli altri, eccetera, eccetera, eccetera. Su larga scala, poi, si parla di minore emissione di Co2 e di maggiore diffusione di sistemi di agricoltura 4.0.

In Cina, il coronavirus sembra aver dato maggiore impulso all’agricoltura 4.0. Una sfida raccolta in silenzio, negli ultimi anni, anche da molte imprese agricole europee, in previsione del progetto europeo loF2020 (Internet of Food and Farm). Specifichiamo: con agricoltura 4.0 si intende un’evoluzione della cosiddetta agricoltura di precisione, in grado di raccogliere e processare in maniera rapida le informazioni, come le caratteristiche fisiche e biochimiche del suolo, che consentono di automatizzare e rendere più efficienti le attività agricole interconnesse. Un’agricoltura che trae vantaggio della tecnologia, in pratica, con lo scopo di rendere più efficiente e sostenibile la produzione.

Probabilmente, la necessità di ridurre il contatto umano ha spinto molti agricoltori cinesi ad accelerare l’introduzione di tecnologie digitali nei campi agricoli. Non a caso XAG, un’azienda cinese che da anni produce velivoli ad hoc per l’agricoltura di precisione, ha venduto nei primi due mesi del 2020, oltre 4mila esemplari di droni dedicati all’agricoltura. Questi droni sono in grado, una volta programmati, di monitorare i campi dall’alto e di produrre mappe ed analisi dettagliate sulla piantagione che devono trattare, individuando segnali di stress o problemi di altro genere.

Il drone è un ottimo strumento per monitorare velocemente e nell’insieme il campo agricolo. Una volta individuati i bisogni o eventuali problemi, si interviene nelle specifiche porzioni del campo, riducendo i costi ed evitando l’eccessiva irrorazione dei prodotti chimici.

Parlare di agricoltura 4.0 significa, quindi, parlare di un’agricoltura tecnologica e intelligente, più sostenibile e più produttiva. Niente di più positivo, e chissà quanto il coronavirus contribuirà a accelerare la spinta verso l’agricoltura del futuro. Secondo le previsioni, il mercato globale dell’agricoltura 4.0 dovrebbe raggiungere il valore di quasi 27 miliardi di dollari quest’anno, dunque, staremo a vedere.

(Fonti di riferimento: euronews, The Food Makers)

Claudia Mazziotta

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