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#LoFaccioPerché, Decathlon nella bufera: ma è vero, sul campo non si impara solo dai libri

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Decathlon è una catena di negozi per sportivi nata in Francia nel 1976, esiste in Italia dal 1998: è un punto di riferimento per chi pratica bene o male qualunque sport, ci si trova di tutto e anche a prezzi contenuti.

Ieri l’account Decathlon Italia è finito in mezzo a una discreta shitstorm a causa di questa immagine e del suo contenuto.

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L’immagine è stata pubblicata da Davide Borgo su Twitter – e geolocalizzata a Verona – e la risposta di Decathlon è stata quella che vedete qui sotto.

 

https://twitter.com/decathlonitalia/status/768075450836889601″ rel=”nofollow

 

È partita come prevedibile una tempesta di indignazione da social network, di “mica si possono mettere contro lo sport e la cultura” “messaggio sbagliatissimo”  “chiedete scusa” eccetera, eccetera.

Il problema dell’indignazione da social network è che ripete a memoria slogan di una pochezza così disarmante, a tal punto privi di idee, che ti trovi quasi a parteggiare per gli altri, per “i cattivi”, le vittime dell’aggressione, anche se hanno palesemente torto come in questo caso.

E allora provi a metterti a ricostruire la catena degli eventi: cosa avranno pensato quelli che hanno scelto, voluto, approvato quel cartellone in giro per Verona, poco fuori dal Decathlon? Che a 10, 11, 12, 13 anni, per molti bambini la scuola non è esattamente il momento preferito della giornata, la scuola può essere piacevole per qualcuno, ma per molti altri è il momento in cui non si può giocare, soprattutto non si può giocare a calcio.

È molto meglio correr dietro al pallone, scherziamo? Magari ai giardinetti, o magari nella squadra di calcio dell’oratorio o chissà dove. Sottolinearlo mi par degno di Monsieur De La Palice, eppure da questo c’è da partire.

Perché sarebbe bello avere una macchina del tempo, tornare indietro vent’anni fa da tutti gli indignati di ieri e oggi, e vederli a 10, 11 anni, di certo chini sui libri, e disgustati dai giardinetti o dall’oratorio! Ma è un’obiezione ad personam questa, me la boccio da solo, ma la lascio lì, sul tavolo.

Quel che c’è da notare è quel che c’è di davvero sbagliato in quel cartellone, ovvero, la contrapposizione. La contrapposizione tra campo da calcio – che quindi pare essere da ragazzini una cosa da animali più che da esseri umani, dove non serve alcuna cultura per eccellere – e studio, e l’idea che solo dai libri nasca la cultura. Che solo dai libri si possa apprendere, e non è vero.

L’Italia però ha un problema con i libri: se per molti il problema è che non se ne leggono abbastanza – ed è vero – per me invece è anche un altro, soprattutto in questo caso. Ovvero come i libri siano diventati un feticcio, un oggetto intoccabile, tabù, tutto! Ma non toccare la sacra sapienza libresca.

E per me è sbagliato, perché niente deve essere intoccabile, e soprattutto la cultura si apprende anche dalle persone, passandoci del tempo insieme, ascoltandole, giusto per fare un esempio.

È un’idea per me fuori strada quella che solo dai libri si possa trarre un insegnamento in quella fase della vita, quella rappresentata dal ragazzino sommerso dall’hashtag #LoFaccioPerché, perché in campo serve sì il corpo, ma serve anche la testa, che quel corpo lo muove. Come la si allena quella testa?

Ascoltando chi ne sa di più. Chi ha esperienza. Chi ha già fatto quella strada. E non so se mettere di fianco la saggezza di qualche vecchio allenatore a quella contenuta in un libro, possa essere un confronto valido, ma mi pare proprio di sì. Quel che ti insegnano, quel che certi allenatori riescono a trasmettere ai ragazzi o alle ragazze che allenano, vale come e più di quanto si potrebbe leggere in un libro.

Certo, è quel genere di cultura che non si può mettere in mostra in libreria, che non arreda: ma credo faccia crescere comunque.

Decathlon si è comunque dissociata pubblicamente oggi dalla campagna.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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Gabriele Ferraresi
Tags: news

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