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Home Social Network

Ode a Second Life, ora che è (quasi) morto

by Simone Stefanini
30/11/2018
in Social Network
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Ode a Second Life, ora che è (quasi) morto

Parlare di Second Life, per chi ci ha abitato per un po’, non è per niente semplice. Innanzitutto vediamo di spiegare di cosa si tratta: SL nasce il 23 giugno del 2003 dalla società americana Linden Lab e viene pubblicizzato come una cosa nuova, futuristica, rivoluzionaria, mai vista prima.  Incredibile a dirsi, lo è davvero.

Second Life funziona(va) così: ti connettevi, creavi un avatar maschio, femmina, gender fluid o come ti pareva e poi andavi in giro in un mondo virtuale infinito, fatto di “isole” dette sim in cui ti teletrasportavi per fare le cose che nella vita reale non era proprio possibile fare, tipo andare a ballare di martedì sera, provare il sado maso, vedere una mostra spettacolare, parlare coi famosi che accettavano la sfida del virtuale. Potevi andare ai concerti o diventare imprenditore, creando vestiti, prefabbricati e ogni genere di oggetto che poi avresti venduto nel tuo negozio, che avevi affittato pagando i Linden, cioè la cripto valuta in game, che poteva essere scambiata coi soldi veri.

© Nur Moo

Ne avrete sentito parlare, no? Se la risposta è negativa, lo capisco. Su Second Life, quando è uscito, la maggior parte degli italiani frequentavano sim italiane e facevano tutto quello che avrebbero fatto nella vita reale: tampinavano le ragazze, parlavano di sport e motori. Du palle.

Poi c’erano i cani sciolti, persone che ricercavano l’evasione dalla vita di tutti i giorni e di certo non si sarebbero mai fermati al bar (virtuale) sotto casa. Io facevo parte di questi ultimi e Second Life me lo sono proprio goduto. Immaginate una persona di provincia, nel fiore degli anni ma in acuta crisi sociopatica, che mai avrebbe potuto fare nella vita reale a parte stare in casa e ammazzarsi di film e robe del genere?

© Nur Moo

Second Life è stata la cura per migliaia di individui come me, che provenivano da ogni parte del mondo e che lì dentro cercavano un po’ di riscatto dalla vita. In quegli anni, gli avatar sono diventati i miei amici veri e le persone che ci stavano dietro, pure. Ho fatto una serie di cose folli su Second Life: sono diventato dj virtuale per la prima volta, ho fatto un paio di mostre delle mie fotografie, ho creato vestiti per gli avatar e ho aperto un negozio, col quale mi sono pagato alcuni mesi di vita vera, mi sono innamorato, ho condiviso ogni genere di segreto e pure se da fuori non era vero niente, in realtà era tutto più reale del reale.

© Nur Moo

Le connessioni profonde con le persone lo facevano diventare vero, perché da solo, Second Life non era niente se non un sandbox, un lotto in cui costruire qualcosa. Tutto il resto era gestito dagli utenti, più o meno organizzati. C’era la chat di testo e quella vocale, ci si potevano scambiare link, foto e video, chiaro che a volte trovavi qualche soggetto da Catfish ma nel complesso, dopo un po’ che stavi dentro, capivi chi frequentare e chi evitare.

Second Life ti dava la sensazione di non essere inutile nel momento in cui ti stavi prendendo una pausa dalla vita vera, col rischio che poi quest’ultima ti sembrasse infinitamente meno interessante di quella virtuale, in cui giravi il mondo e frequentavi la tua prima bolla pre-social stando comodamente a casa. Non era tutto oro, molti usavano la piattaforma per avere una vera seconda vita, a discapito di mogli e mariti in real, con minor rischio rispetto all’accollarsi un tradimento in carne ed ossa e il cyber sex pullulava, ma evidentemente dietro le maschere degli avatar sembrava tutto meno squallido.

© Nur Moo

L’arte di Second Life è una delle poche cose che resta del periodo d’oro della piattaforma, ormai finito da un pezzo e standardizzato dalla Linden un po’ come ha fatto Marcone Zuckerberg con Facebook e Instagram.

Ne ho parlato recentemente con Nur Moo, pseudonimo sotto cui si cela una delle artiste più influenti del Second Life e ci siamo confrontati sulle nostre esperienze, abbastanza simili in verità. Entrambi siamo stati affascinati dalla possibilità di creare un avatar per poterlo fotografare, che faceva di SL un’incredibile possibilità creativa. Al tempo SL era abitata anche da architetti, giornalisti, programmatori di videogiochi, musicisti, potevi scambiare con loro un po’ della tua esperienza e prendere in prestito un po’ della loro. Nonostante in Italia SL fosse stato accolto con freddezza e derisione, al suo interno si potevano realizzare opere d’arte digitale spettacolari.

© Nur Moo

Nur Moo è stata l’ideatrice di Poetik, un evento prima e poi un’intera sim tutta dedicata all’arte, in cui poter ospitare mostre che avessero anche una rilevanza fuori dall’ambiente digitale. Di quel periodo rimangono alcune foto che descrivono perfettamente il flusso di energia creativa che si respirava in un ambiente che oggi è stato reso innocuo.

Mai gli androidi sono stati più umani di così.

Tutte le foto © Nur Moo

Tags: news
Simone Stefanini

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