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Colors, la storica rivista italiana compie 25 anni e diventa un bellissimo libro

Il Ku Klux Klan, gente con conetti in testa e un uomo che lancia un cesso? Perché no: su Colors questo e altro

 

È vero: Colors in un certo senso era Tumblr prima di Tumblr. Il magazine pensato da Oliviero Toscani per Benetton a inizio anni ’90 era qualcosa di completamente diverso, di nuovo, di inimmaginabile prima. Non gliene fregava niente della concorrenza – e per mille motivi poteva permetterselo – ma poi, quale poteva essere la concorrenza? Non esisteva nulla di neanche lontanamente simile. Colors ribaltava l’idea di magazine.

 

 

La faceva a pezzetti quell’idea, la decostruiva: niente celebrità, niente editorialisti, niente notizie in senso stretto almeno per come intendiamo – e come si intendevano – quelle lette sui quotidiani. Solo un giro del mondo stordente, con foto imprevedibili e storie inedite, a volte un pugno nello stomaco, a volte bizzarre, altre curiose, altre commoventi, altre tutte queste cose insieme.

Grazie all’occhio di Toscani – e a quello dell’art director che scelse, Tibor Kalman, proveniente da Interview e scomparso nel 1999 – nasce un magazine in cui ogni numero è monotematico, e nelle pagine trovi di tutto, le storie degli ufficiali della Lega dei Gay di New York, delle aspiranti ginnaste cinesi o dei bambini straccivendoli in India. Di tutto, ed è tutto imprevedibile, tutto nuovo, tutto mai visto.

 

La cover di COLORS. A book about a magazine about the rest of the world, Damiani, 2015

 

Oltre al battesimo di Colors, nel 1991 ne capitano di cose: scoppia la Guerra nel Golfo, crolla l’URSS, parlando di musica, esce Dangerous di Michael Jackson, parlando di cose che avrebbero rivoluzionato il futuro nasce il web, c’è anche una data per il compleanno del www, il 6 agosto. È l’alba di un’epoca in cui le immagini esploderanno dagli schermi, ci travolgeranno – e noi le potremo usare per travolgere gli altri, certamente – e adesso ci siamo dentro in pieno in quell’epoca. All’epoca Toscani sceglie immagini forti – coerente con la comunicazione di Benetton dell’epoca – mentre Kalman pensa a un progetto grafico pulito, su carta riciclata e non patinata. È avanti anni luce, funziona.

Funziona bene, tanto che nel luglio 2016 Colors compie 25 anni e un volume di Damiani – a cura di Sebastiano Mastroeni, Alessandro Cavallini e Andrea Cavallini – ne racconta il meglio dei primi 90 numeri. Ho parlato un po’ di Colors di oggi insieme a Patrick Waterhouse, attuale editor-in-chief di Colors.

 

Le dimensioni contano, anche su Colors

 

Prima di parlare di Colors: ho visto che hai vinto il Börse Prize con il tuo progetto fotografico su Johannesburg
Sì, con un progetto su un edificio di Johannesburg che ho realizzato con Mikhael Subotzky, su un edificio che abbiamo seguito per sei anni. È stato un modo per raccontare i sogni infranti della modernità.

 

Ponte City from Yeoville Ridge, 2008 – Mikhael Subotzky & Patrick Waterhouse/Goodman Gallery

 

Passando a Colors, come scegli o come scegliete il tema dei numeri? Più che un magazine Colors sembra un libro
Scegliamo il soggetto di un numero cercando un argomento che sia rilevante per l’epoca in cui viviamo. Andiamo oltre i titoli a effetto e osserviamo la realtà da più angolazioni possibile. Cerchiamo di mettere insieme prospettive differenti. Per le cover il mio approccio è sempre stato quello di creare illustrazioni che possano rappresentare tutto il contenuto, invece di scegliere una sola foto.

 

That’s Amore, su Colors

 

Cosa deve avere una storia per finire su Colors?
Le storie che pubblichiamo devono avere in realtà un solo aspetto in comune: devono essere storie potenti sia dal punto di vista editoriale che iconografico.

Sei editor in chief dal 2011, tra le tue innovazioni ricordo le Survival Guide
Sì, una volta che sono diventato prima Creative Director, poi Editor in Chief, ho pensato alle Survival Guide, era importante non mostrare solo il mondo a chi leggeva Colors, ma anche fargli vedere come si potevano fare delle cose.

Una delle Survival Guide pubblicate da Colors, molto interessante in alto a destra “Come sbarazzarti delle scorie nucleari”

 

In quanti lavorate a ogni numero?
Ci lavoriamo io e un team di 8/10 persone in redazione, ne discutiamo insieme. Ma naturalmente ogni numero di Colors si appoggia a un numero più grande e molto variabile di collaboratori sparsi in tutto il mondo.

 

Una doppia di Colors

 

Non posso non farti l’inevitabile domanda sul futuro della carta stampata…
Il futuro dei giornali? Be’, dipende. Penso che per i quotidiani sarà molto complicato, in fondo per loro la concorrenza non è neanche più un altro quotidiano, ma uno smartphone. Per i magazine è molto diverso, penso che per i magazine di qualità, magari trimestrali o quadrimestrali, che propongono giornalismo di qualità, ci sarà sempre spazio. E infatti una delle fonti della mia ispirazione sono i magazine indipendenti.

Uno dei messaggi di Colors quando nacque era “la diversità è una ricchezza”
Credo che oggi sia un messaggio più vero e giusto che mai, che sia ancora un messaggio attualissimo. Più globalizzazione significa più complessità, basti pensare alle disuguaglianze di reddito. Ma dobbiamo fare uno sforzo e cercare di esserne consapevoli, dobbiamo avere il coraggio di accettare questa complessità e capirla.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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Gabriele Ferraresi

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