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Le insegne italiane di una volta sono bellissime

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Belle le insegne di una volta fatte a mano eh? Mica come quelle di oggi. Messa così è semplice: una volta però erano belle non per volontà divina, ma perché a farle erano bravissimi artisti e artigiani. James Clough ha documentato quanto eravamo bravi in un libro edito da Lazy Dog, perché, a tema insegne è proprio vero: L’Italia Insegna. E se siete a Milano stasera lo presentano al Touring Club Italiano.

 

 

Noi abbiamo colto l’occasione per fare una chiacchierata veloce con James, e tornare indietro al tempo in cui i font non li trascinavi nel libro font, ma dovevi saperli disegnare a manina. James è inglese, ma si è stabilito a Milano un bel po’ di tempo “Sono in Italia da 44 anni, nonostante il mio accento!” e nella sua carriera è stato graphic designer fino agli anni ottanta, poi si è messo in proprio nel campo del lettering e della calligrafia “Ma negli ultimi anni principalmente mi dedico all’insegnamento, al Politecnico e in Svizzera”.

 

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Il libro raccoglie trecento immagini scattate da James in tutta Italia, e c’è di tutto: dai tombini, alle scritte sulle facciate delle case di epoca fascista, alle targhe marmoree, alle classiche insegne da negozio d’altri tempi e moltissimo altro ancora. “Soprattutto in Italia nelle insegne dei negozi c’è stata molta libertà, molta più che nel nel Regno Unito per esempio, dove le insegne sono belle e ordinate, ma seguivano e seguono molto spesso modelli tradizionali. In Italia è stato diverso”.

 

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Per James la creatività italiana in questo ambito ha un periodo storico di inizio “È tutto partito con il movimento Liberty, che legittimava la ricerca di idee nuove. C’è una creatività tutta italiana in questo mondo che non c’è altrove” e a scorrere le immagini del libro quella creatività viene fuori a ogni pagina. Una creatività che varia poi moltissimo da regione a regione, ma anche da città a città “Nel Regno Unito passando tra città e piccoli centri bene o male sai cosa aspettarti, è tutto molto simile graficamente. Mentre l’Italia è il paese della varietà, pensa solo a due città neanche troppo distanti, Como e Mantova. Hanno storie diversissime, e anche stili diversissimi: e questa varietà si riflette anche nelle scritte esposte”.

 

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“Insomma, una grande espressione artistica, che però rischia di andare perduta: fin quando c’era il mestiere di pittore di insegne, ognuno si inventava le sue lettere” creando col tempo un patrimonio grafico inestimabile “Oggi quello dell’insegnista è un mestiere praticamente scomparso: basta avere dei font tipografici, un plotter, una fresa, e puoi fare davvero di tutto” come in molti campi, è tutto più facile, ma ha un po’ meno anima. “La conseguenza? È una crescente banalità nell’aspetto visivo. Ho scoperto però che c’è un giovane che lo fa, qui a Milano, e mi rincuora che questo mestiere non sia del tutto morto”. Quel giovane è Adbul Jalil, ed è bravissimo.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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Gabriele Ferraresi

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