Il caso di Emanuele De Maria ha suscitato un ampio dibattito nell’opinione pubblica e tra gli esperti di giustizia, in particolare dopo il tragico epilogo del suo suicidio avvenuto domenica scorsa, quando si è lanciato dalle terrazze del Duomo di Milano.
De Maria, già detenuto per l’omicidio di Oumaima Rache, una giovane tunisina di 23 anni, era coinvolto in un’inchiesta per un presunto duplice omicidio che ha scosso la città. Questo episodio ha sollevato interrogativi non solo sulle sue azioni, ma anche sul sistema penitenziario e sulla concessione dei permessi di lavoro all’esterno del carcere.
De Maria, controlli sul permesso di lavoro
La procura di Milano ha avviato un’inchiesta approfondita, evidenziando che De Maria avrebbe pianificato con freddezza gli omicidi di due colleghi dell’Hotel Berna, dove lavorava. Le vittime, Chamila Wijesuriya, una barista di 50 anni, e Hani Nasr, un altro dipendente dell’albergo, sono state al centro di un piano lucido e premeditato. Secondo il sostituto procuratore Francesco De Tommasi, l’aggressione a Nasr è stata tentata ma non andata a buon fine, grazie alla reazione tempestiva della vittima.
Un aspetto che ha colpito gli investigatori è il metodo utilizzato da De Maria per assassinare Chamila Wijesuriya: colpi inferti alla gola con un’arma da taglio, un gesto che evidenzia la crudeltà e la determinazione dell’assassino. La procura ha disposto l’autopsia sui corpi delle vittime per confermare le cause della morte e per indagare se De Maria avesse fatto uso di sostanze stupefacenti prima di compiere gli atti violenti.
Un elemento che complica ulteriormente la situazione è la questione del permesso di lavoro all’esterno del carcere, attualmente sotto esame dal Ministero della Giustizia. De Maria, secondo il suo avvocato Daniele Tropea, avrebbe dovuto ricevere la semilibertà, avendo mostrato un buon comportamento durante la detenzione. Tropea ha programmato di richiedere ufficialmente il permesso di semilibertà per il suo assistito, sottolineando che De Maria stava seguendo un percorso di reintegrazione e che non vi erano segnali di squilibrio mentale o comportamentale.

Il legale ha descritto l’evento come “assolutamente imprevedibile”, evidenziando come De Maria avesse guadagnato la fiducia delle autorità penitenziarie grazie al suo comportamento esemplare. Queste affermazioni hanno portato a una riflessione più ampia sul sistema penitenziario italiano e sulla valutazione dei detenuti.
Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ha dichiarato che la responsabilità per la concessione del permesso di lavoro non ricade sul Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), ma sulla magistratura. Ha sottolineato l’importanza di fare chiarezza sulle decisioni prese dai giudici riguardo alla scarcerazione di De Maria, affermando che è prematuro esprimere un giudizio definitivo sulla correttezza di tali decisioni. Questo ha portato a una discussione pubblica su come bilanciare il diritto alla reintegrazione dei detenuti con la sicurezza della comunità.
Anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha espresso la sua preoccupazione riguardo a questo caso, evidenziando la difficoltà di spiegare ai cittadini come una persona condannata per omicidio possa ottenere permessi di lavoro all’esterno del carcere dopo un tempo relativamente breve. Sala ha descritto la situazione come “molto cruenta”, riflettendo un sentimento diffuso tra i cittadini, che percepiscono il sistema giudiziario come inadeguato nel proteggere la comunità.
Le reazioni a questo caso hanno messo in luce un crescente scetticismo verso le politiche di reinserimento e le misure di sicurezza adottate per i detenuti con un passato violento. Gli esperti di criminologia e diritto penale hanno iniziato a discutere se sia necessario rivedere le linee guida per la concessione di permessi di lavoro all’esterno, specialmente per coloro che hanno commesso crimini gravi. In questo contesto, il caso De Maria rappresenta un’opportunità per riflettere su come il sistema giudiziario italiano possa migliorare, garantendo che la giustizia sia servita sia per le vittime che per i colpevoli, senza mai dimenticare il diritto alla vita e alla sicurezza dei cittadini.