Nuovi dettagli emergono dalla vicenda del suicidio del 14enne studente, avvenuto l’11 settembre scorso nella sua abitazione a Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina.
A distanza di mesi, la relazione degli ispettori inviati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) getta luce sulle gravi mancanze riscontrate nell’istituto tecnico Pacinotti, frequentato dal ragazzo. L’inchiesta amministrativa ha evidenziato omissioni e negligenze nella gestione di una classe definita “turbolenta” e segnata da comportamenti “non conformi al regolamento scolastico”.
Le responsabilità dell’istituto Pacinotti e la rabbia del padre: “Le insegnanti sono grandissime bugiarde”
Secondo la relazione degli ispettori del MIM, riportata anche da La Repubblica, si sarebbe dovuto attivare un protocollo antibullismo, mai realmente implementato nell’istituto. La scuola avrebbe fallito nell’effettuare una “valutazione approfondita” degli episodi di aggressività, che pure erano evidenti e frequenti. La relazione sottolinea come i comportamenti nella classe fossero “quasi aggressivi”, ma i docenti coinvolti avrebbero minimizzato o addirittura negato la gravità della situazione durante gli accertamenti.
Di qui la richiesta di tre procedimenti disciplinari rivolti alla dirigente scolastica, alla vicedirigente e alla responsabile della succursale dell’istituto, accusate di “condotte omissive” e di non aver svolto il proprio ruolo di tutela nei confronti degli studenti. Parallelamente, sono in corso due inchieste giudiziarie che stanno approfondendo le dinamiche interne e le eventuali responsabilità penali.
Giuseppe Mendico, padre del ragazzo, ha risposto con durezza alla relazione del MIM, contestando la definizione di “quasi aggressività” usata dagli ispettori per descrivere i comportamenti della classe di suo figlio. “Mio figlio è stato sbattuto al muro. È o non è aggressività?”. Mendico ha accusato le insegnanti di aver mentito e di aver nascosto la reale portata delle vessazioni subite da suo figlio: “Le insegnanti di Paolo sono delle grandissime bugiarde. Quello che abbiamo detto sempre noi è quanto adesso scrivono gli ispettori del ministero, che finalmente dicono la verità”.
Il padre ha inoltre annunciato che ricorrerà alle vie legali contro chiunque continui a negare o minimizzare i fatti, anche contro il rappresentante di classe: “Ci sono delle chat che parlano proprio dell’ultimo episodio in cui Paolo è stato sbattuto al muro. Quelle chat inchioderanno le insegnanti”. Questi messaggi, già oggetto di attenzione durante le indagini, rappresentano una prova cruciale per ricostruire la catena degli eventi.
Un punto di forte discussione riguarda la valutazione degli ispettori secondo cui “manca la ripetitività nel tempo”, uno degli elementi fondamentali per configurare il bullismo secondo la normativa vigente. Per il padre di Paolo questa affermazione è inaccettabile: “Non c’è ripetitività? E quindi le continue prese in giro e l’aggressione in classe, cosa sono?”.
Inoltre, la relazione mette in evidenza un “meccanismo difensivo” da parte del corpo docente, che avrebbe preferito fare affidamento sulle versioni ufficiali dei verbali dei consigli di classe piuttosto che sulle testimonianze dirette dei genitori o degli studenti coinvolti. Questo atteggiamento ha contribuito a una scarsa presa in carico delle situazioni di disagio e delle aggressioni.
La dirigente scolastica, al centro delle contestazioni, non ha ancora ammesso responsabilità, continuando a negare le accuse. Al contrario, Mendico ribadisce di aver sempre comunicato con la vicedirigente, che però ha dichiarato agli ispettori di non essere a conoscenza delle vessazioni subite da Paolo. “È strano che comunque finisca tra i procedimenti disciplinari. Proprio con la vicepreside ho avuto telefonate in cui la informavo di ciò che subiva mio figlio”. Anche i telefoni delle insegnanti sono stati sequestrati per verificare la veridicità delle comunicazioni.

