Nel corso del 2025 si prospettano importanti novità nel campo delle pensioni anticipate, con potenziali cambiamenti che potrebbero consentire a molti lavoratori di lasciare il mercato del lavoro con un anticipo anche di circa dieci anni rispetto alle regole attuali.
Questi sviluppi arrivano in seguito a due recenti sentenze della Corte di Cassazione, che hanno rivisto in modo significativo alcuni criteri fondamentali per l’accesso alla pensione anticipata e all’Ape Sociale.
Riconoscimento dei contributi figurativi per la pensione anticipata
Attualmente, per accedere alla pensione anticipata secondo la legge Fornero, è necessario aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (un anno in meno per le donne). Di questi, almeno 35 anni devono essere contributi effettivi, ossia versati direttamente durante il lavoro tramite:
- contribuzione obbligatoria,
- contribuzione volontaria,
- riscatti (ad esempio per anni di studio universitario).
Non erano invece considerati utili ai fini del requisito i contributi figurativi, come quelli versati dall’INPS in periodi di disoccupazione (con Naspi), malattia, maternità, o durante specifiche condizioni come l’assistenza a persone con handicap grave, calamità naturali, o servizio militare.
La sentenza n. 24916 del 2024 della Corte di Cassazione ha però sancito un principio innovativo: anche i contributi figurativi devono essere considerati per il raggiungimento del requisito contributivo minimo di 35 anni, permettendo quindi a chi ha lavorato per un periodo inferiore ma ha accumulato contributi figurativi di anticipare la pensione. Questo potrebbe portare a un significativo aumento delle domande di pensionamento anticipato, costringendo l’INPS a rivedere le proprie interpretazioni.
Un’altra rilevante novità riguarda l’Ape Sociale, misura che consente il pensionamento anticipato con almeno 30 anni di contributi e un’età di 63 anni e 5 mesi, destinata a categorie svantaggiate, tra cui i disoccupati. Fino a poco tempo fa, per accedere all’Ape Sociale era necessario aver usufruito della Naspi e aver terminato la prestazione da almeno tre mesi.
La sentenza n. 24950 del 17 settembre 2024 della Corte di Cassazione ha però esteso il diritto all’Ape Sociale anche a chi non ha percepito alcuna indennità di disoccupazione, ma risulta comunque disoccupato. Questa interpretazione amplia la platea di beneficiari e potrebbe influire anche su altre misure come la Quota 41, riservata ai lavoratori precoci con almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni, che richiede la cessazione della Naspi da almeno tre mesi.

Nonostante l’importanza delle sentenze, il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, ha espresso cautela in merito a un’immediata riformulazione dei criteri di accesso. Intervistato da Money.it, Fava ha spiegato che tali sentenze hanno efficacia solo tra le parti coinvolte e che sarà necessario attendere un consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale o un pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione.
Solo in quel momento l’INPS potrà valutare un eventuale adeguamento, previa consultazione con i ministeri vigilanti di Lavoro ed Economia, tenendo conto anche della sostenibilità finanziaria. Le norme che regolano queste forme di pensionamento anticipato sono infatti inserite in un contesto di contenimento della spesa pubblica e un’estensione indiscriminata potrebbe comportare oneri economici rilevanti.
Nel frattempo, la possibilità di presentare ricorsi sulla base delle nuove interpretazioni apre un terreno di contenzioso che potrebbe modificare sensibilmente il panorama previdenziale nel 2025. Gli sviluppi giurisprudenziali e le decisioni dell’INPS saranno quindi al centro dell’attenzione per lavoratori e operatori del settore.