Una buona notizia arriva per chi scopre, anche a distanza di tempo, che il proprio datore di lavoro non ha versato i contributi previdenziali. Ora è possibile recuperare quei periodi non coperti, anche se andati in prescrizione, grazie a nuove disposizioni dell’INPS, ecco i passaggi da seguire.
Il lavoratore che ha subito omissioni contributive può ora chiedere all’INPS la costituzione di una rendita vitalizia, anche per periodi ormai prescritti. Lo ha chiarito la circolare n. 48 del 24 febbraio 2025, che aggiorna la disciplina prevista dall’art. 13 della legge n. 1338 del 1962.
Recupero contributi e pensione
In sostanza, il datore di lavoro che non ha versato i contributi obbligatori può chiedere all’INPS di costituire una rendita vitalizia reversibile in sostituzione. Questa corrisponde alla pensione spettante al lavoratore in relazione ai contributi omessi e rappresenta uno strumento per rimediare all’inadempimento, previo accertamento dell’effettivo rapporto di lavoro.

Il meccanismo non è riservato solo ai datori di lavoro. Anche il lavoratore può sostituirsi al datore, assumendosi l’onere dei contributi mancanti. Possono accedervi anche i superstiti del lavoratore, sempre a fronte di documentazione comprovante la posizione contributiva e il rapporto di lavoro.
Per ottenere la rendita vitalizia è necessario dimostrare con documenti certi l’effettiva durata del rapporto di lavoro, la qualifica ricoperta e le retribuzioni percepite. Possono essere utilizzati contratti, buste paga, libretti di lavoro, lettere di assunzione o licenziamento, libri paga o altri documenti pertinenti, in originale o in copia.
I contributi omessi si prescrivono in cinque anni e dopo la prescrizione effettiva, il datore ha dieci anni per chiedere la rendita agli enti preposti. Dal 12 gennaio 2025, infine, i lavoratori possono riscattare autonomamente i contributi senza limiti di prescrizione, sostituendosi così al datore di lavoro.
La legislatura ha voluto evitare posizioni assicurative fittizie e l’esistenza del rapporto di lavoro deve risultare certa, non solo verosimile, come sottolineato dalla Corte Costituzionale. La continuità della prestazione e l’ammontare della retribuzione possono essere provati anche con testimonianze, ma la documentazione scritta resta fondamentale per ottenere quanto richiesto.
La circolare INPS definisce i principi inderogabili del riscatto dei contributi, i documenti devono essere pertinenti, datati e redatti all’epoca del rapporto di lavoro. L’INPS valuta forma e contenuto, verificando che l’esistenza del rapporto risulti oggettiva e certa, escludendo elementi meramente plausibili o verosimili.
Infine, ogni documento deve essere integro, privo di alterazioni o cancellazioni, firmato dall’autore e completo, se prodotti come copia vanno inoltre autenticati. Solo così è possibile garantire che il riscatto dei contributi sia valido e che il lavoratore possa ottenere la costituzione della rendita vitalizia.