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Una settimana ai felici tropici di Return of Monkey Island

Return of Monkey Island è un inno alla sublime scrittura di Ron Gilbert.

Torna anche il nostro acerrimo nemico in Return of Monkey Island

Dopo una settimana trascorsa veleggiando per i “felici tropici” di Return of Monkey Island posso affermare, con una buona dose di certezza, che questo titolo certifica, una volta di più, il grado di “cintura nera della scrittura” di Ron Gilbert. Già perché il “papà” di Guybrush Threepwood in questo nuovo episodio della saga, seguito ritorno dell’ormai mitologico Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge del 1991 è un vero e proprio inno alle storiche avventure punta-e-clicca, quelle nel quali gli enigmi, i giochi di parole e la raffinatezza della scrittura la facevano da padroni.

Nonostante infatti le perplessità emerse da una larga fetta della community per la direzione artistica, se non proprio per la grafica, di Return of Monkey Island questo videogioco, che ho provato nella versione per Nintendo Switch, è, semplicemente, un gioiellino. Non soltanto assicura una dozzina buone di ore di avventura scritta con intelligenza a sagacia ma, qualcosa di sempre più raro in un’industria abbastanza sclerotizzata e standardizzata come è quella videoludica, assicura delle risate sincere e genuine. Questo grazie al già citato Gilbert che riesce nella difficile impresa di trasportarci nell’era d’oro delle avventure grafiche ma attualizzandole nel 2022. Al netto della mia perplessità per la modellazione di Guybrush Threepwood e di alcune scelte di direzione artistica, il colpo d’occhio è comunque interessante: il mood piratesco è, ovviamente, molto spinto ma la riflessione sul tempo che passa, le mode che cambiano e certi meccanismi logici molto differenti dal 1991 a oggi li ho davvero graditi.

Combattiamo? Return to Monkey Island

All’inizio dell’avventura, proprio all’avvio del software di gioco, ci verrà chiesto se preferiremo affrontare una classica avventura con enigmi, la modalità “difficile” oppure una sua versione più addomesticata (la versione “casual”). Ecco, in quest’occasione posso dirvi che la scelta è praticamente obbligata. Solo infatti l’esperienza difficile è quella che, sul serio, dona la giusta intonazione per Return of Monkey Island. Infatti il cuore di questo videogioco, oltre alla già menzionata scrittura brillante e mimetica, sono proprio gli enigmi: rimuoverli dalla propria esperienza significherebbe fare un torto, in prima misura, verso se stessi! Poi non dovrete temere di rimanere troppo bloccati (anche se, proprio per il fatto di essere un gioco punta-e-clicca questa è, in fondo, una feauture del gameplay): nel menu troverete sempre una voce che vi darà dei suggerimenti, via via, sempre più chiari. Quest’introduzione l’ho praticamente gradita perché, con arguzia e intelligenza, fa fare uno step successivo al genere videoludico di appartenenza: ti fa evitare di ricorrere al classico “consiglio di internet” ma, tutto interno al gioco, ti fornisce gli strumenti per andare avanti. Insomma ritmo, fantasia e divertimento: altro che avventura statica!

Che scrittura ha Return to Monkey Island?

Il consiglio, più o meno spassionato, che però posso darvi per godervi appieno quest’avventura è, per citare il buon Giacomino Leopardi, lasciarvi far “naufragare in questo mare”. Return of Monkey Island infatti dà il meglio di sé quando la videogiocatrice o videogiocatore di turno si immergono “con tutte le scarpe”. Anche perché l’esperienza è talmente bella e appagante che, ne sono certo, se Claude Lévi-Strauss ci avesse mai giocato sono convinto che avrebbe cambiato il titolo del suo celeberrimo libro “Tristi Tropici” in “Felici Tropici”. Insomma la crociera per i mari del Sud di Return of Moneky è una crociera che s’ha da fare.

 

 

Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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