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Video Girl Ai, il manga che rapì il cuore dei ragazzi degli anni 90

Quando uscì “Video Girl Ai” nel 1993 per la Star Comics, i ragazzi italiani del periodo non erano abituati ad una simile immedesimazione con il protagonista e con la storia. Di manga (fumetti giapponesi) di successo ce n’erano già un po’, ma erano soprattutto di genere: i robottoni, le storie comiche, horror, sentimentali per ragazze e così via. “Video Girl Ai” uscì praticamente in contemporanea con il più noto “Orange Road” ma diventò un successo su carta addirittura maggiore. Stiamo parlando di un’epoca vicina eppure totalmente diversa, in cui non c’era la possibilità di essere informati tramite internet, in cui il successo veniva decretato praticamente solo dal passaparola. Non aveva alcuna serie tv che poteva fare da traino, era una vera e propria scommessa. Venne pubblicato essenzialmente perché era meraviglioso. “Cinema su carta” era lo slogan.

 

 

L’autore, Masakazu Katsura, era un eccellente disegnatore e scrittore, che inventò un teen drama biblico:  Yota, un 16enne timidissimo ed innamorato non corrisposto di Moemi, dopo l’ennesima delusione d’amore noleggia una strana videocassetta al Gokuraku Club (letteralmente il Club Paradiso) su cui campeggia la foto di una ragazza con un sottotitolo: “Io ti consolerò”. Tornato a casa inizia la riproduzione del vhs ma il suo videoregistratore è rotto e la ragazza che esce dalla tv cambia carattere, anche fisionomia, diventa un maschiaccio con modi rudi, con il cuore d’oro e con l’anomalia di poter provare sentimenti. È Ai Amano, la protagonista della storia, che può stare in vita solo per la durata del nastro riprodotto, a meno che non diventi un essere umano a tutti gli effetti.

 

 

Da lì in poi, il manga diventa un oggetto affascinante e misterioso, a cavallo tra educazione sentimentale, erotismo e fantascienza.  I maschietti dell’epoca furono subito rapiti dalla perizia con la quale l’autore disegnava il corpo delle ragazze e Masakazu Katsura diventò “il maestro del culo”, tanto per capirsi. Yota, lo sfigato per eccellenza, fu invece il simbolo dei dubbi e delle incertezze di tutti gli appassionati di manga della penisola, di quelli troppo timidi per chiedere ad una ragazza di uscire, di quelli che, nel caso avessero il colpo di fortuna della vita, non avrebbero saputo spiccicare parola con una ragazza. Se credete che sia un pubblico di nicchia vi sbagliate di grosso, gli anni ’90 non erano certo promiscui e liberi come quelli di oggi e se eri sfigato, ci rimanevi alle elementari, alle medie, pure al liceo e forse all’università iniziavi a scrollarti di dosso il pesante fardello.

 

 

In questa storia si soffre, si lotta, ci si innamora, si sperimenta la morte e il sesso, si ride e si piange. Ci si domanda tra le altre cose com’è che i giapponesi a 16 anni vivano da soli in case di design, mentre noi stiamo coi nostri genitori in cameretta.

 

 

In questi giorni l’ho riletto tutto, direttamente dagli albi del 1993, che ormai perdono le pagine e ne ho tratto qualche considerazione: la trama ti prende perché è la storia più antica del mondo, quella dell’angelo caduto che vuole diventare umano, del miracolo, come già Pinocchio ma anche Damiel de “Il Cielo Sopra Berlino”, solo declinato al momento storico in cui i ragazzi crescono insieme al loro corpo e sono al massimo della confusione fisica e mentale. In cui ogni parola detta e ascoltata viene rimuginata mille volte nella solitudine della propria cameretta. In cui i genitori non esistono. In cui l’amore entra a far parte della nostra vita in un caos di pruriti sessuali e frasi dolcissime che ci vergogniamo pronunciare.  Dunque gli amori di Yota non sono mai definiti, ma pieni di dubbi, di parole non dette e di  “se fosse”. Di passioni che bruciano e che alla stessa velocità si spengono. E tutti sappiamo il trauma che comporta la fine del primo rapporto.

 

 

Perché non fate gli gnorri, oggi magari potete esservi dimenticati un po’ di storie che avete avuto nel corso degli anni, non certo la prima. Se siete stati lasciati, siete stati male oltre ogni legge e regola, se invece avete lasciato, avete sperimentato il dolore altrui come mai in passato.

 

 

Nei 90s fu isteria di massa tra i consumatori di fumetti e l’opera regge bene anche oggi, anche da adulti, se siete sempre in grado di tornare a quell’età. Scoprirete tra le altre cose che non è vero che si stava meglio da piccoli e benedirete il tempo che passa e la saggezza acquisita. Perché leggendolo oggi, aprirete un vaso di Pandora in cui è racchiusa l’età dei diari, dei brufoli, delle interrogazioni, delle ansie, dei tormenti, dei bulletti, delle tipe impossibili e di tutto ciò che ne consegue. Da farsi mancare il fiato.

Che fate, ci state pensando? Vi ricordate?

Simone Stefanini

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