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Better Days Festival: Kode9 esplora il lato oscuro della rivoluzione dei sensi

Foto di Alessandro Sozzi

 

Steve Goodman alias Kode9 è una delle menti pensanti della musica moderna, producer, dj e discografico, fondatore di Hyperdub, tra lepiù importanti dell’universo elettronico. Oltre a questo Steve ha insegnato per diverso tempo alla University Of East London e ha scritto un libro “Sonic Warfare“, pubblicato dal Massachusetts Institutes Of Technology, in cui indaga in che modo il suono e la musica influenzano la nostra vita di tutti i giorni. Dopo l’intensa performance di ieri sera, accompagnata dai visual tridimensionali di Karmachina (“Suonare tra due schermi è stato veramente incredibile, non mi era mai capitato prima anche se un po’ sembrava di stare dietro la tenda della doccia”) torna sul palco di Better Days Festival.

Viviamo in un tempo in cui, oltre al dominio del suono, assistiamo anche a un dominio delle immagini. C’è una contrapposizione tra questi due tipi di forza? “Non c’è una netta opposizione credo, io ho svilluppato più che altro un approccio sinestetico nel libro, non concentrandomi su un solo senso, ma sulle relazioni esistenti tra di loro. Stiamo assistendo a una rivoluzione dei sensi e a me interessa esplorare il loro lato oscuro”. E la maniera in cui ascoltiamo jingle e spot pubblicitari somiglia a quella in cui osserviamo i meme: “Certamente, il primo a introdurre il concetto di meme è stato Richard Dawkins, parlando del modo in cui uno schema culturale può influenzare l’ambiente in cui si trova e si può propagare. Proprio quello che indago io col suono, il modo in cui in questa parte de mondo viene trasferito e prolifera altrove, sia attraverso internet che in maniera analogica”. Ma questo studio finisce per avere riflessi sulla propria produzione musicale? “Credo che si rifletta in maniera subconscia, fare musica per me ha sempre rappresentato una via di fuga dal resto della mia vita, quindi finisco per non pensare alla musica nello stesso modo in cui penso a scrivere di musica”.

 

Foto di Alessandro Sozzi

 

Si passa a parlare di “Nothing“, il suo ultimo album, e della forma che prenderà in sede live: “Ho lavorato al progetto assieme a Lawrence Lek, sarà un live A/V costruito come un computer game e ambientato in questo hotel di lusso, Notel, in cui l’uomo si trova schiavo delle macchine”. Una visione distopica o una semplice realtà? Oggi le persone sono impaurite dall’automazione, dall’idea che le macchine possano replicare il nostro lavoro. Io penso che sia una cosa assolutamente positiva, sarebbe fantastico, mi sembra che tutti odiamo lavorare, no?. Parlando di futuro della musica invece, soprattutto per quel che riguarda gli aspetti economici, Kode9 sembra avere le idee molto chiare: “La musica sta provando a trovare un nuovo modo attraverso cui propagarsi, aggirando quelli che finora sono stati i filtri, i mille muri imposti da strutture come le etichette, i publisher, i distributori. C’è bisogno di più semplicità nella filiera”.

L’ultima domanda non può che riguardare Burial, uno degli artisti più influenti degli ultimi dieci anni di musica elettronica che proprio Kode9 ha contribuito a scoprire e produrre. Cosa hai pensato quando hai ascoltato per la prima volta le sue produzioni? “È stato salutare, un’esperienza immersiva e confortevole. Trovo che la musica di Burial sia melanconica e non ansiosa come molti la descrivono. È perfetta per quando sei in viaggio o ti svegli al mattino, una vera e propria medicina”.

Marcello Farno

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