Chi credeva che le 12 ore di Anthology avessero già svelato tutto quello che c’è da sapere sui Beatles, forse si sbagliava. È vero, chi meglio dei Beatles può raccontare i Beatles? Probabilmente Ron Howard, che in questo bel tributo racconta ancora nuove sfumature caratteriali dei quattro di Liverpool, andando a concentrarsi soprattutto sul primo periodo, quello in cui i Beatles erano ancora giovanissimi e carichi di voglia di divertirsi.
Nel film Eight days a week emerge la parte più giocosa, fatta di irriverenza e sana sfacciataggine adolescenziale di John, Paul, George e Ringo. Quattro poco più che adolescenti che scelgono la strada di un cameratismo fanciullesco e fraterno, dove le decisioni vengono prese in maniera unanime, con i quattro voti al completo, mai uno al contrario, dove l’essere un gruppo ha ancora un valore sacro.
Insiste molto Ron Howard sui momenti collettivi, il condividere la stessa stanza d’albergo, il trascorrere le vacanze insieme, così come gli intervistati Paul McCartney e Ringo Starr sottolineano più volte: “Ci guardavamo le spalle a vicenda, ci prendevamo cura l’uno dell’altro”.
Dietro la tenerezza, anche la grande disciplina da mantenere durante gli anni della beatlesmania, quel successo strepitoso da affrontare nonostante stress, stanchezza e aspettative. Così il film di Ron Howard si configura come un romanzo di formazione in cui il gruppo, e non quattro protagonisti, cresce e matura, imparando a canalizzare e capitalizzare al massimo il proprio talento.
Girato con materiale audio video inedito, il film racconta anche la conquista di un’America ferita all’indomani della morte del presidente Kennedy, dove ancora il razzismo è un problema vivo. E di come la cultura pop sia stata in grado di azzerare queste differenze e colmare i vuoti lasciati dal dolore.
Un film immersivo in cui il campo sonoro è protagonista, saturo tutto il tempo dei dialoghi delle interviste, dell’audio (con tracce dal vivo rimasterizzate per l’occasione) e soprattutto delle ininterrotte, implacabili urla delle fan di tutto il mondo, che non lasciano un minuto di tregua per tutta la durata del rockumentary, dando una vaga idea di ciò con cui i Beatles dovettero convivere per tutto l’apice della loro carriera.
“Cosa resterà dei Beatles nella cultura?” chiede un giornalista a un giovanissimo Paul McCartney. “Cultura? Questa non è cultura. È una grande risata”.
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