È stata sospesa l’udienza preliminare che vede coinvolta Daniela Santanché, attuale Ministra del Turismo e senatrice di Fratelli d’Italia, indagata per una presunta truffa aggravata ai danni dell’INPS.
Il procedimento giudiziario riguarda anche altre quattro persone, tra cui il compagno della ministra, Dimitri Kunz, e due società riconducibili al gruppo Visibilia, di cui Santanché è amministratrice.
Il motivo della sospensione dell’udienza a Milano
La sospensione è stata decisa dalla giudice per l’udienza preliminare, Tiziana Gueli, che ha rinviato il procedimento almeno fino al 20 febbraio 2026. La decisione arriva in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione sollevato dal Senato della Repubblica. Il conflitto riguarda la presunta inutilizzabilità di alcuni atti raccolti nel corso delle indagini, in particolare conversazioni ambientali e comunicazioni elettroniche che, secondo la difesa, sarebbero state acquisite senza l’autorizzazione parlamentare necessaria.
Il ricorso alla Consulta è stato presentato dai legali della ministra, Salvatore Pino e Nicolò Pelanda, mentre la Procura di Milano si è opposta a questa richiesta di sospensione. Con la decisione della giudice è stato inoltre sospeso anche il decorso della prescrizione del reato contestato. Le indagini riguardano la presunta indebita percezione di 126.468 euro relativi a oltre 20.000 ore di cassa integrazione Covid richieste tra il 2020 e il 2022 per 13 dipendenti delle società Visibilia Editore spa e Visibilia Concessionaria srl.
Secondo la Procura, coordinata dai pm Marina Gravina e Luigi Luzi, durante il periodo di cassa integrazione i dipendenti avrebbero continuato a lavorare, violando quindi le condizioni previste per l’accesso al sussidio. Nella memoria depositata al tribunale, i magistrati hanno contestato la tesi della difesa secondo cui alcune prove sarebbero inutilizzabili perché ottenute senza il via libera del Senato. In particolare, la Procura ha evidenziato che le conversazioni ambientali registrate da Eugenio Moschini, così come le mail e le chat in cui figura Santanché come mittente o destinataria, sono da considerarsi documenti acquisiti regolarmente agli atti e non intercettazioni disposte direttamente dall’autorità giudiziaria.

I pm hanno sottolineato che al momento non è ancora pendente alcun ricorso effettivo alla Corte Costituzionale, ma solo una delibera parlamentare, e che il conflitto di attribuzione sollevato da un organo diverso dall’autorità giudiziaria non prevede automaticamente la sospensione del procedimento penale. La Procura ha quindi confermato la volontà di procedere per il rinvio a giudizio dei cinque imputati, sulla base della “complessiva valutazione degli elementi acquisiti nel corso delle indagini”.
Questa vicenda giudiziaria si inserisce in un contesto politico delicato per Daniela Santanché, che ricopre un ruolo di rilievo nell’attuale governo. La sospensione del procedimento potrebbe rallentare le tempistiche di un processo che rischia di avere ripercussioni sia sul piano personale che istituzionale. Nel frattempo, il dibattito sull’utilizzo di prove acquisite senza l’autorizzazione parlamentare rimane aperto, evidenziando il confronto tra poteri dello Stato e le garanzie difensive nel sistema giudiziario italiano.