Nel centrodestra si infiamma la partita per le prossime elezioni regionali, con un vertice decisivo ospitato nella residenza di Giorgia Meloni.
L’incontro, che ha visto la partecipazione dei principali leader della coalizione, ha rappresentato un momento cruciale per definire le candidature nelle regioni chiamate al voto in autunno, con particolare attenzione al delicato scenario veneto.
Vertice a casa Meloni: le strategie per le candidature del centrodestra
La giornata politica si è aperta con la proposta di Antonio Tajani, che ha messo sul tavolo anche la questione di Milano, suggerendo la scelta di un candidato civico nonostante l’aspirazione di Maurizio Lupi a succedere al sindaco Sala. Tajani ha inoltre rivolto un appello ad Azione per unirsi alla coalizione in vista della sfida elettorale, ma il partito di Carlo Calenda ha confermato il sostegno all’attuale sindaco, rinviando ogni possibile alleanza a un futuro imprecisato. Il centro delle trattative è stato senza dubbio il Veneto, regione chiave dove il confronto si è rivelato particolarmente complesso.
Nonostante un primo vertice di mercoledì si fosse concluso senza decisioni definitive, le trattative sono proseguite in maniera riservata. Giorgia Meloni si è mostrata pronta a valutare la candidatura di un esponente leghista, con il nome di Alberto Stefani che circola con insistenza, ma ha escluso categoricamente l’ipotesi di una lista Zaia o di una sua presenza nella lista del Carroccio, mantenendo quindi una linea netta rispetto all’ex governatore.
A fare chiarezza su alcuni punti critici è intervenuto Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni e governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia, che dopo un incontro con la premier a Palazzo Chigi ha confermato il calendario elettorale: si voterà regolarmente in autunno, senza rinvii per i cinque enti locali interessati (esclusa la Valle d’Aosta, a parte). Fedriga ha inoltre escluso la possibilità di un election day unico, sottolineando che ogni regione procederà in autonomia.
Questa scelta ha subito trovato applicazione nelle Marche, dove si voterà il 28 e 29 settembre. Il governatore uscente Francesco Acquaroli (FdI), ricandidato, ha definito la data “una scelta di buon senso”, mentre il Pd ha interpretato la decisione come un tentativo del centrodestra di ridurre i tempi della campagna elettorale per limitare il vantaggio del candidato sfidante Matteo Ricci. Quest’ultimo ha lamentato come la scelta della data risponda più a logiche di partito che agli interessi della comunità marchigiana, pur riconoscendo la certezza del calendario.

Sul piano nazionale, la definizione della candidatura veneta sarà determinante anche per sbloccare le proposte nelle altre regioni: in Campania si profila Edmondo Cirielli, vice ministro di Fratelli d’Italia, mentre in Puglia il favorito è Mauro D’Attis, esponente di Forza Italia. In Toscana, invece, sembra ormai certa la candidatura del sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, esponente di Fratelli d’Italia.
Fedriga ha espresso preoccupazione riguardo al possibile rischio che il voto autunnale possa far cadere le regioni nell’esercizio provvisorio, una situazione che potrebbe complicare la gestione finanziaria degli enti locali. La premier Meloni e il governatore hanno discusso la questione e Fedriga ha annunciato l’intenzione di confrontarsi con il ministro Giorgetti per valutare l’introduzione di una norma che tuteli i bilanci regionali. Gli esperti della maggioranza assicurano che sarà possibile rinviare i termini per l’approvazione dei bilanci senza creare problemi amministrativi.
Le elezioni regionali 2025 si configurano come una prova cruciale per il centrodestra, chiamato a confermare il proprio consenso in territori strategici e a gestire le tensioni interne legate alle candidature. La partita si gioca anche sull’asse delle alleanze, con il tentativo di coinvolgere forze come Azione, ancora ferme su posizioni autonome. Il confronto con il Pd e le altre forze di opposizione si annuncia serrato, soprattutto nelle regioni dove il centrosinistra punta a riconquistare terreno, come nelle Marche.