Dopo aver consolidato la sua presenza diplomatica come rappresentante speciale dell’Unione Europea nel Golfo Persico, Luigi Di Maio si appresta a un nuovo e significativo passo nella sua carriera internazionale.
L’ex ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, attualmente al suo secondo mandato in questa delicata regione, è infatti il candidato principale per assumere l’incarico di Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente (Unsco). Questa nomina, qualora confermata, lo porrebbe al centro della complessa gestione diplomatica e umanitaria della regione, un ruolo cruciale in un momento di tensioni e crisi umanitarie ancora molto gravi.
Il ruolo strategico del Coordinatore speciale ONU in Medio Oriente
Il Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente ha il compito di orchestrare le attività di tutti gli organismi Onu che operano nell’area, con un occhio particolare alla gestione del piano di pace promosso dagli Stati Uniti per la Striscia di Gaza. L’incarico presuppone una presenza a Gerusalemme, dove ha sede la struttura operativa, e richiede doti diplomatiche di grande rilievo, vista la complessità e la delicatezza della situazione politica e umanitaria sul terreno.
La situazione attuale è segnata da una crisi umanitaria di vaste proporzioni, aggravata dalle recenti operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. In questo contesto, il coordinatore speciale deve non solo facilitare la cooperazione tra le agenzie Onu, ma anche supportare la realizzazione di un processo di pace che, al momento, appare ancora molto incerto e frammentato. L’incarico, quindi, richiede una gestione dinamica e una capacità di mediazione tra attori internazionali e locali, oltre a una visione strategica a lungo termine.
Secondo quanto riportato da fonti diplomatiche, la candidatura di Luigi Di Maio ha già ricevuto un consenso ampio e trasversale, inclusi il governo italiano e l’Unione Europea. Quest’ultima, infatti, ha definito “eccellente” il contributo di Di Maio nel Golfo Persico, riconoscendo il suo lavoro come rappresentante speciale e auspicandone il proseguimento almeno fino al 2027. L’eventuale nomina a coordinatore speciale ONU lo innalzerebbe automaticamente ai ranghi di vicesegretario generale delle Nazioni Unite, conferendogli un ruolo di primo piano nella diplomazia internazionale.

Il prestigioso incarico, tuttavia, non è privo di insidie. Lo dimostra la recente esperienza della sua predecessora Sigrid Kaag, diplomatica olandese ed ex ministra, che ha guidato l’Unsco per sei mesi ma si è dimessa con parole di profonda frustrazione, sottolineando la difficoltà di mantenere viva la missione di pace in un contesto in cui il sogno di due Stati appare sempre più lontano. Kaag ha infatti messo in discussione l’efficacia stessa dell’istituzione, nata con gli Accordi di Oslo, e ha invitato a riflettere sul futuro di questa funzione in assenza di un reale processo di pace.
Attualmente, la guida dell’Unsco è affidata a Ramiz Alakbarov, esperto diplomatico azero con una lunga carriera all’interno delle Nazioni Unite, che ha ricoperto incarichi di coordinamento in Etiopia e Afghanistan. L’arrivo di Luigi Di Maio, se confermato, coinciderà con una fase particolarmente complessa della gestione delle relazioni internazionali in Medio Oriente, caratterizzata da un’instabilità cronica e da una crisi umanitaria che richiede interventi urgenti e coordinati.

