Continua il dibattito politico sull’introduzione di un permesso di soggiorno a punti in Italia, proposta rilanciata da Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e segretario della Lega.
L’idea è quella di un documento che, ispirandosi al modello della patente a punti, possa essere decurtato in caso di reati o infrazioni da parte di cittadini stranieri residenti nel nostro Paese, arrivando fino alla possibile espulsione. La proposta, tuttavia, ha suscitato critiche da più parti, sia per la sua vaghezza sia per la strumentalizzazione del tema immigrazione-sicurezza che ne è stata fatta.
La proposta di Salvini sul permesso di soggiorno a punti
Lo spunto è nato dalla cronaca recente: un episodio di violenza a Milano, dove due cittadini marocchini con precedenti sono stati accusati di aver aggredito e derubato un uomo ipovedente su un tram. Salvini ha criticato aspramente la decisione di un giudice che ha rilasciato i due nonostante un arresto per resistenza a pubblico ufficiale. «Bisognerebbe capire perché quel giudice ha deciso che non era sufficiente per tenerli in carcere», ha dichiarato il ministro, sottolineando come il costo del mantenimento dei detenuti gravi sulle spalle dei cittadini italiani.
Da qui la proposta: «Stiamo lavorando su un permesso di soggiorno a punti, simile alla patente a punti che si sospende per chi guida sotto l’effetto di alcol o droga o usa il cellulare alla guida. Se concedo la cittadinanza e apro le porte di casa mia, chi commette reati perde quei punti e può essere rispedito nel proprio Paese». Un’idea che vorrebbe introdurre un sistema più stringente di controllo e sanzione verso chi si macchia di illeciti, con la prospettiva di espulsione immediata al primo reato.
Immediata è stata la reazione del Partito Democratico, che ha definito la proposta come «una propaganda elettorale che sfrutta il tema dell’immigrazione per alimentare paure ingiustificate». Matteo Mauri, ex viceministro dell’Interno, ha sottolineato come il ministro Piantedosi abbia invece affermato che la situazione della sicurezza in Italia stia migliorando, mettendo in luce una contraddizione nella linea del governo: «Da un lato si parla sempre di emergenza sicurezza per giustificare decreti più severi, dall’altro si afferma che la sicurezza migliora. Si decidessero».

Dal punto di vista giuridico, la proposta appare poco chiara e soprattutto ridondante rispetto alla normativa esistente. Attualmente, infatti, la legge italiana prevede già norme che consentono l’espulsione di stranieri in caso di condanna per delitti gravi, come furto, minaccia a pubblico ufficiale o reati con pena superiore a cinque anni, e anche per condanne inferiori a due anni in certi casi. Inoltre, la cittadinanza può essere revocata in presenza di condizioni specifiche.
La discussione si inserisce in un quadro politico in cui la gestione dell’immigrazione continua a essere uno dei temi più sensibili e divisivi. La Lega, storicamente schierata su posizioni rigorose in materia di sicurezza e immigrazione, rilancia così un tema che ha già avuto ampio spazio nei precedenti governi, mentre le opposizioni accusano il governo di strumentalizzare il fenomeno per fini elettorali. Il ministro Piantedosi, che guida il dicastero dell’Interno, ha più volte ribadito un miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Paese, indicando un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti.
Tuttavia, la proposta di Salvini punta a un inasprimento delle misure, con l’introduzione di un meccanismo innovativo che, al momento, manca di dettagli operativi e rischia di generare confusione più che efficacia. L’adozione di un sistema “a punti” sul permesso di soggiorno potrebbe infatti richiedere una revisione complessiva delle norme sull’immigrazione, nonché un’analisi approfondita degli impatti legali e sociali di una simile misura, che al momento appare più come uno slogan politico che come un progetto legislativo concreto.