L’8 e il 9 giugno si avvicinano, portando con sé i referendum destinati a testare l’impegno politico del Partito Democratico (PD) guidato da Elly Schlein. Questi referendum presentano cinque quesiti: quattro riguardano il mercato del lavoro e propongono l’abrogazione di alcune disposizioni del Jobs Act, mentre il quinto è dedicato al diritto di cittadinanza.
Sebbene le speranze di Schlein siano alte, il quorum necessario per la validità dei referendum, che richiede la partecipazione di almeno la metà degli aventi diritto al voto, sembra lontano. Tuttavia, il segretario del PD non si lascia scoraggiare e vede in questa iniziativa una potenziale vittoria politica, anche se le urne non dovessero confermare la validità dei quesiti.
Referendum 8 e 9 giugno: a cosa mira l’opposizione
La decisione di intraprendere questa campagna referendaria non è stata scontata per Schlein. Il Jobs Act, una riforma introdotta tra il 2014 e il 2016 sotto la guida di Matteo Renzi, ha suscitato forti dibattiti all’interno del PD. Molti esponenti del partito, oggi vicini alla segreteria di Schlein, avevano inizialmente sostenuto con entusiasmo quelle politiche. Tuttavia, la segretaria ha scelto di seguire una linea più radicale, coerente con il suo percorso personale e politico. Già nel 2015, come europarlamentare, si era schierata contro il Jobs Act, manifestando a fianco della CGIL, il sindacato di riferimento per i lavoratori.
Elly Schlein è consapevole che la sua leadership deve rispecchiare una visione chiara e distintiva, specialmente in un momento in cui il PD è chiamato a recuperare un’identità più marcata a sinistra. La sua strategia mira a ricostruire un rapporto di fiducia con il sindacato e a riposizionare il PD come il partito dei lavoratori. Questo obiettivo è cruciale, considerando il malcontento degli ultimi anni, quando il PD è apparso distante dalle esigenze della base lavorativa. La CGIL, guidata da Maurizio Landini, ha avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione dei referendum sul lavoro, e il legame tra il sindacato e il PD è essenziale per Schlein.

In un contesto di incertezza sulla partecipazione al voto, Schlein ha fissato un obiettivo ambizioso: coinvolgere almeno 12 milioni di elettori. Questo numero rappresenterebbe una sorta di “vittoria” per il PD, superando i votanti che nel settembre 2022 si sono espressi a favore dei partiti di destra attualmente al governo. Sebbene raggiungere il quorum di oltre 25 milioni di votanti sembri quasi impossibile, ottenere una partecipazione significativa potrebbe comunque fornire un impulso morale e politico al partito.
Negli ultimi trent’anni, il quorum per i referendum è stato superato in soli quattro casi su ventinove, rendendo chiaro quanto sia difficile mobilitare gli elettori per questioni che possono sembrare lontane dalla vita quotidiana. Nonostante ciò, Schlein ha deciso di non abbandonare la battaglia referendaria, mantenendo un impegno attivo per promuovere i cinque quesiti, anche se alcuni dirigenti del partito mostrano riserve.
Le settimane che precedono il voto saranno cruciali per il PD, che deve affrontare il malumore di alcuni membri riguardo alla scarsa mobilitazione attuale. La segretaria deve costruire una narrativa convincente e attivare una rete di sostegno per spingere gli elettori a recarsi alle urne. Raggiungere i 12,5 milioni di votanti sarebbe un segnale di vitalità e mobilitazione, anche se lontano dal quorum. In questo scenario, il futuro politico di Schlein e la sua capacità di leadership potrebbero dipendere dalla sua abilità di attrarre elettori e risvegliare l’interesse per le tematiche sociali e lavorative.