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Quel genio del signor Bialetti, cremato e tumulato in una moka

La moka dentro la quale è stato inserito – una volta cremato – Renato Bialetti, scomparso a 93 anni in Svizzera, ad Ascona

Il funerale di Renato Bialetti, l’uomo che ha fatto della moka un simbolo globale del caffè, deve essere stato veramente interessante. Per quanto possa esserlo un funerale, certo, ma soprattutto perché Bialetti è stato prima cremato, poi le sue ceneri sono state messe al posto del caffè all’interno di una sua gigantesca moka.

Un genio totale e fino in fondo: a modo suo un uomo prodotto, fino all’ultimo.

 

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Bialetti, scomparso a 93 anni, è stato davvero un personaggio straordinario: era nato a Montebuglio, frazione di Casale Corte Cerro, un paesino in Piemonte, a metà strada tra Gravellona Toce e Omegna.

Le donne del paese avevano ispirato il padre per l’invenzione della moka, negli anni trenta del secolo scorso. Il modo in cui lavavano i panni fu la scintilla da cui i Bialetti riuscirono a vendere centinaia di milioni di caffettiere in tutto il mondo. Lo raccontava in un’intervista la sorella di Renato, Tina Bialetti, che galeotta fu la lessiveuse:D. Lessiveuse? Che relazione ha con la Moka Express? R. La ”lessiveuse” è un grande mastello con un camino centrale forato. In questo recipiente si metteva l’acqua, la cenere e il sapone. Negli anni trenta era usato per fare il bucato. Sotto la lessiveuse veniva acceso il fuoco alimentato dalla legna. L’acqua in ebollizione saliva lungo il camino forato e scendeva a pioggia sui panni che erano in ammollo”. Leggetela quell’intervista, e arrivate fino al punto in cui Renato vuole comprarsi la Mercedes e lo scambiano per l’autista, che vale la pena.

Se il padre Alfonso Bialetti la inventa, è Renato che la moka riesce a portarla in tutto il mondo: anche spinta dalla pubblicità, e in Italia, da Carosello, dove l’omino coi baffi – ispirato proprio al baffuto Renato – spopola tra grandi e piccini.

 

Un imprenditore d’altri tempi, da ricordare in un aneddoto, ricordato da Vincenzo Amato su La Stampa, che tempo fa gli domandava sull’autenticità di un incontro con l’armatore Aristotele Onassis, decisivo per una leggendaria vendita. Bialetti rispose: “Sì, tutto vero. Mi trovavo in albergo con clienti francesi e allora la caffettiera per loro era quasi una novità. Erano perplessi e dubbiosi e temevo di non riuscire a concludere la vendita. In quel momento passò fianco a noi Aristotele Onassis: andava in bagno; presi il coraggio a due mani e lo seguii. Dissi: “Sono un giovane imprenditore italiano, mi dia una mano, lei che ha cominciato dal nulla come me. Quando rientra nella hall dica che usa una mia caffettiera; mi serve per fare colpo su questi riottosi clienti. Tornai, convinto e rassegnato che Onassis avrebbe tirato dritto. Invece avvenne il miarcolo. Onassis, fingendo di vedermi all’ultimo istante, tornò indietro, mi diede una pacca sulle spalle e disse: Renato, come va? Ma sai che non ho mai bevuto un caffè buono come quella della tua caffettiera? Sì, andò proprio così“.
Altri tempi davvero.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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