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Facebook è il tuo curriculum, curalo

Per sembrare una persona migliore

 

I social network sono il nostro riflesso: se ci ostiniamo a postare foto compromettenti rischiamo di alimentare i pregiudizi da parte degli sconosciuti. E uno potrebbe dire: “a me che importa? Io le foto del mio rodeo alcolico le posto tutte su Facebook.” Sei libero di farlo, ma se hai appena mandato un curriculum a un’azienda è probabile che qualcuno delle risorse umane stia passando in rassegna i tuoi album in cerca di un buon motivo per scartarti. E forse lo ha appena trovato.

Non è uno scenario da fantascienza. Il Work Trends Study – una ricerca su come cambia il mondo del lavoro realizzata da Adecco – sostiene che circa il 35% dei reclutatori respinge i CV perché ha visto qualcosa di scomodo sul profilo Facebook dei candidati. L’indagine da parte delle risorse umane non finisce qui, perché si spinge fino a verificare le informazioni contenute nei curriculum, esplorare la rete di conoscenze, controllare i contenuti pubblicati e valutare la reputazione digitale.

Prima di gettare la spugna e blindare del tutto il profilo Facebook e passare a Linkedin – che comunque vale ben poco se vi scovano anche su Tinder – prendetevi qualche minuto per sfruttare l’invadenza dei reclutatori aziendali a vostro favore. Qui sotto vi diamo qualche consiglio spassionato.

 

Imparate a conoscere le abitudini social dei reclutatori prima di inviare il vostro CV

 

Seguite i loro profili. Se le risorse umane sono invadenti, voi lo sarete di più. Prima di inviare il CV a un’azienda, fatevi un giro sul loro Linkedin e sulla lista dei dipendenti. Individuate i probabili reclutatori e cercate di rintracciarli su tutti i social network possibili. Scovateli e leggete fra le righe dei loro contenuti per capire se avete dei punti in comune. Bene, passate alla fase successiva.

Lucidate il vostro profilo. State per inviare il CV: se verrà preso in considerazione è probabile che un reclutatore venga a vedere chi siete su Facebook. Fate in modo di essere facilmente rintracciabili – nome, cognome, niente soprannomi “Puccia o Deathlord”, una foto di profilo simile a quella del CV e informazioni lavorative aggiornate. Molti siti vi sconsiglieranno di far sapere chi siete per depistare le risorse umane. Voi farete l’esatto contrario: li accoglierete a braccia aperte. Perché?

Ora raccontate la storia che vogliono sentirsi raccontare. Il vostro profilo privato resterà privato – occhio, potrebbe capitarvi un reclutatore che è amico di un vostro amico – ma quello pubblico deve raccontare il meglio di voi. Sia chiaro: niente auto-elogi zuccherini, niente orrori photoshoppati in cui vi si vede al fianco di Obama. Tirate fuori i vostri piccoli successi e mostrateli in giro. Siete arrivati in fondo a una maratona senza collassare? Fate vedere le foto. Voi e i vostri amici avete ripulito una cantina allagata? Ditelo. Possono sembrare cose banali, ma almeno quelli delle risorse umane avranno l’impressione di avere di fronte una persona reale.

Modificate le funzioni di privacy. Lasciate in evidenza i contenuti innocui e quelli che parlano bene di voi. Nascondete quelli che vi possono far stroncare dai reclutatori. Già, cambiare la visibilità di tutte le foto compromettenti è un lavoraccio, ma lo dovete fare.

Chiedete aiuto ai vostri amici più stretti. Fatelo per due buone ragioni: ditegli che state inviando in giro il vostro CV e che sarebbe il caso di non taggarvi ogni dieci secondi in post pubblici e demolire i vostri tentativi di apparire dei candidati modello. Chiedete loro il favore di rimuovere tag compromettenti – potete farlo anche voi, ma a volte le persone si offendono – e se tra i vostri contatti ci sono ex-colleghi di lavoro chiedetegli di lasciare qualche “recensione” – su Linkedin c’è una sezione dedicata, su Facebook basterà uno scambio innocente di commenti sul vostro profilo.

Conoscete i vostri diritti. I processi di selezione da parte delle aziende sono molto chiusi: se un reclutatore scarta il vostro CV avete poche possibilità di fargli cambiare idea. Ma non si può mai sapere. Informatevi su tutto quello che succede nel mondo del lavoro. Per esempio, la Cassazione ha dato ragione all’azienda che ha licenziato un operaio che chattava su Facebook durante l’orario di lavoro. Lo tenevano d’occhio utilizzando un falso profilo femminile.

Lorenzo Mannella

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