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Basta con gli hipster, è il turno dei new normal. Ma sarà vero?

Giorni fa, le testate ed i telegiornali nazionali hanno dato una notizia di mesi fa (se ne parlava in estate), col piglio di chi sa di cosa sta parlando: gli hipster sono morti, largo ai new normal. Sono andato a leggere un po’ di cose sull’argomento e mentre il Corriere della Sera ne parla  in questi termini “Sono lontani i tempi in cui i barbuti di Brooklyn sfidavano nudi in bicicletta il conservatorismo degli ebrei chassidici del quartiere e abbandonavano le galline in strada (il pollaio in casa è uno dei pilastri dell’immaginario neo-hipster)” dando subito la misura della news (ah, si parla di New York, quindi a noi sticazzi), il NY Times già a giugno strutturava la questione: il normcore (ribattezzato new normal in Italia perché guai ad imparare un suffisso nuovo) rende la noia di moda. Il look del new normal è anti-fashion, ripesca tutte le nefandezze anni ’90. E ci mostra questa foto:

Felpaccia col cappuccio, maglietta bianca della Fruit, pantaloni con le tasche da fonico, marsupio, sandali Birkenstock, occhiali da sole da wrestler, New Balance, jeans che lasciano respirare la coscia. Praticamente, vestiti come un italiano medio.

Dunque, il gioco hipster è: abbiamo fatto tutto quello che era umanamente possibile in campo di moda e taglio di capelli. Abbiamo abbinato fuseaux a fiori per uomo con la camicia hawaiiana, la collana di alghe Guam, la barba di Padre Pio e l’acconciatura di Johnny Cash, abbiamo fatto sembrare tutte le ragazze uscite da “Cercasi Susan Disperatamente”, siamo morti dai calli per aver indossato mocassini di pelle senza calzini, tutto per trasgredire il sistema e poi ci siamo accorti di essere noi stessi il sistema, perché abbiamo lanciato una moda che ha raggiunto anche Cecina (LI), di 25k abitanti nel quale non proprio tutti sanno perché si stanno facendo crescere la barba. Allora basta! Torniamo normali ma pimpiamo la normalità. Anni ’80, andate affanculo, noi ci riappropriamo delle nefandezze che negli anni ’90 avevamo sepolto nei cimiteri indiani per non vederle più e che invece, come nel miglior “Pet Sematary”, sono tornate in versione zombie. Vestiamoci normali, anzi, normaloni.

Tagliamoci le barbe, facciamo fallire tutti quei barbieri anni ’50 che sono proliferati come le botteghe dei cinesi, togliamoci quei pantaloni talmente stretti alle palle da aver bisogno della visita di un andrologo, ricompriamo i calzini! Diciamo alle nostre ragazze che è ok anche se non sembrano la stagista di Vogue, che le collane d’oro sopra la camicia totalmente abbottonata e le ballerine e quell’aria un po’ cazzoguardinonticago ci hanno fatto bramare l’accessibilità del culone di Kim Kardashian. Dimentichiamoci a casa gli accessori ed il wi-fi.

Vabè, come piano può anche funzionare, ma a New York.

Perché se lì vestire normale is the new vestire a scemo, nel 90% del nostro paese, vestire normale è come si veste la gente di tutti i giorni. Quelli che non hanno mai abbandonato il marsupio e se lo mettono a tracolla come i finanzieri in borghese, quelli che le New Balance durano una vita e costano il giusto, col cazzo che mi compro le Nike che costano il doppio e sono catarifrangenti come i giubbotti dell’Anas. Quelli che con la maglietta e la felpa della Fruit ci sono passato dai centri sociali al cullare il figlio piccolo ed hanno sempre fatto il loro dovere. Quelli che d’estate pantaloni larghi con le tascone e sandali per 3 mesi e c’hanno sempre beccato le tedesche in vacanza, squadra che vince non si cambia. Quelli a cui la barba da Frate Indovino dà irritazione oppure a lavoro non è gradita.

Dunque la notizia qual è? Che gli hipster italiani vestiranno come le persone normali ma il loro abbigliamento sarà portato ironicamente a differenza di quello della gente per strada? Che però non ci dovrà essere nessun estremismo per non cadere nel fauxcore ed andare fuori tema, così da non celebrare a dovere la normalità (degli altri)?

Benissimo, da non vedere l’ora, proprio.

Simone Stefanini

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Simone Stefanini

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