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Il ruolo dell’informazione e dell’intrattenimento durante la pandemia

L’infotainment  quella categoria del giornalismo  moderno che tratta argomenti d’attualità in modo fresco e accattivante, per attrarre lettori che di norma non leggerebbero argomenti d’attualità. Il neologismo è la crasi tra le parole information e entertainment, informazione e intrattenimento. Per spiegarlo in modo facile, i giornalisti devono spettacolarizzare l’informazione. Nasce in America con l’esplosione di siti tipo BuzzFeed ed esplode dalla seconda metà degli anni 2000 grazie ai social, che moltiplicano per infinito le condivisioni di video e articoli del genere. Liste, classifiche, epic fail, meme nascono tutte da quel tipo di nuova informazione, che negli anni a venire regolerà anche l’informazione propriamente detta. Anche il nostro Dailybest è di fatto un sito di infotainment, così come lo sono i programmi di Barbara D’Urso, giusto per fare un esempio di quanto la forchetta dell’offerta sia ampia e variegata.

L’infotainment, l’informazione e l’intrattenimento di questi tempi sono messi a dura prova, esattamente come tutte le categorie della società civile e incivile, dalla pandemia mondiale, e stanno dimostrando i loro limiti in questo stress test infinito e monotematico che è la narrazione del mondo sotto il coronavirus. Da una parte, in tv ci sono programmi di terrorismo psicologico travestiti da contenuti, che sposano l’una o l’altra teoria fallace per fare spettacolo, condividono bufale,  mettono a confronto le parole di scienziati, virologi ed esperti con quelle di opinionisti casuali che s’informano sui siti .altervista.org condivisi su Facebook. Tristemente famoso è il siparietto in cui Alessandra Mussolini litiga con l’epidemiologo Giovanni Rezza per avallare la sua tesi  secondo cui il corona sarebbe stato creato in laboratorio, nonostante evidenze scientifiche al momento dimostrino il contrario.

Salvini che condivide il servizio del Tg Leonardo di anni prima spacciandolo per la causa del corona non fa politica, diffonde fake news travestite da informazione. Sgarbi che pubblica video in cui minimizza il virus fa lo stesso, ma anche De Luca quando parla di carabinieri e lanciafiamme o Renzi che vuole riaprire tutto a caso, Bruno Vespa che chiede a sproposito dove siano i Medici Senza Frontiere o ancora i dannatissimi video su Milano e Bergamo che non si fermano, lanciati all’epoca della presa sotto gamba della tragedia. Chiunque parli a caso o poco più, spettacolarizza le notizie per colorarle come vuole e fare proseliti in vista di elezioni, audience o popolarità. Barbara D’Urso che recita l’eterno riposo con Salvini o che consiglia ai milioni di spettatori di pulire le zampe dei cani con la candeggina, fa infotainment di matrice così bassa da generare spontaneamente una petizione per la chiusura dei suoi programmi, che in pochi giorni ha raggiunto più di 350mila adesioni.

Mashable che consiglia di bere al massimo due bicchieri di vino a settimana durante la quarantena e tutti gli altri articoli che fanno la morale, possono risultare indigesti per tutti gli italiani rispettosi delle disposizioni governative, che vogliono vivere il lockdown nel modo che credono più opportuno. Da una parte certa politica e certa informazione si organizzano per rendere questa emergenza ancora più terrificante e distopica (si pensi ai 40 articoli di Open sul tema al giorno, ai commenti del suo direttore che da eroe delle maratone si sta mutando in giornalista sensazionalista qualsiasi), dall’altra i siti abituati a parlare di cose ben più leggere si mettono a dare giudizi sugli usi e costumi di un popolo durante un’ecatombe, storcendo il naso se non riusciamo a fare sport, yoga, se non riusciamo a mangiare sano o a limitarci nei vizi, se non diventiamo cuochi provetti, se siamo poco produttivi sul lavoro o se non cogliamo le profonde opportunità che questa inaspettata prova generale di Apocalisse può apportare alle nostre vite piene di vita.

Nel mezzo, l’unico sfogo degli anziani e dei non alfabetizzati digitalmente (non prendete male questa affermazione, i miei genitori sono brave persone ma sono assolutamente analfabeti digitali) è la televisione, e non c’è davvero alcun motivo per mandare in onda trasmissioni che confondano gli spettatori con informazioni false o tendenziose, sfruttando influencer nazionalpopolari che non hanno alcuna scolarizzazione in virologia, contenimento delle pandemie o economia in tempo di crisi globale. È necessario che l’informazione e l’intrattenimento ai tempi del corona tacciano su argomenti sconosciuti, si allontanino dalle fake news e dai sensazionalismi per rendere un vero servizio alla nazione: dare le notizie necessarie,  rilassare e distrarre lettori e spettatori, se non proprio rassicurarli. Altrimenti, a che servono?

Simone Stefanini

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Simone Stefanini

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