Dalla parte di Lapo Elkann

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“Prendete la famiglia con le più ampie possibilità di questo Paese, incrociatela con una buona famiglia francese, metteteci una femmina sensibile, un padre che fa l’intellettuale, date all’incrocio le migliori scuole del mondo, la possibilità di viaggiarlo tutto prima dei vent’anni, incontrare re, presidenti, attori, scrittori, studiare dove vuole, scopare chi vuole e che cosa otterrete? Lapo Elkann”. 

Questa era una delle Navi in bottiglia, una rubrica che Gabriele Romagnoli ha scritto per anni su Repubblica, il pezzo è datato 2007 ma se ben ricordo uscì prima, nel 2005, in occasione del primo degli scandali in cui fu coinvolto Lapo Elkann. Era l’ottobre del 2005: overdose di cocaina e altro, festa con trans, coma.

È storia vecchia: “Gli inquirenti hanno accertato che Lapo avrebbe più volte sniffato cocaina, terminando forse con un cocktail micidiale a base di eroina, oppio e ancora coca, lo speed-ball che ha ucciso star come John Belushi“.

 

 

Jump into the future! Siamo nel 2014, nove anni dopo. Lapo Elkann non si sa bene come finisce a Niguarda, ma non all’ospedale, proprio nel quartiere alla periferia nord di Milano, e coincidenza vuole che chi scrive sia cresciuto a Niguarda. Lapo lo trovano seminudo, avvolto in un plaid, per strada, a Niguarda. Come mai?

Ci ragguaglia il sommario di questo pezzo di Quotidiano.netArrestato un cameriere, aveva trovato Elkann seminudo per strada. Dopo averlo ospitato in un pomeriggio di sballo inizia a chiedere denaro al rampollo per non divulgare ai giornali un video che lo ritrae in bilico fra «droga ed autoerotismo»“. Uno degli autori del ricatto che furono arrestati aveva frequentato la scuola media che avevo frequentato io, lo conoscevo di vista.

Jump into the future! Arriviamo a oggi, fine novembre 2016, con le home page dei quotidiani online – e le pagine cartacee seguiranno – intasate dell’ultima sfiga in cui un ricco, ricchissimo 39enne si è infilato, un finto ricatto alla sua stessa famiglia organizzato dopo una festa a coca e trans a New York.

 

 

Riassumendo sarebbe andata così: “Lapo sarebbe arrivato a New York giovedì per la festa del Ringraziamento e avrebbe contattato una escort (transgender, secondo il New York Daily News) con la quale avrebbe trascorso due giorni di eccessi tra alcol e droga (marijuana e cocaina) (…)  finiti i soldi, la escort avrebbe pagato per altra droga ed Elkann avrebbe promesso di restituire il denaro, quindi avrebbe escogitato il piano del falso sequestro, raccontando ai propri familiari di essere trattenuto contro la sua volontà da una donna che gli avrebbe fatto del male se non gli avessero fatto pervenire 10mila dollari“.

Ora: a questo punto ci sono due strade che possiamo prendere.

Prima strada: ridere delle disgrazie di un ricchissimo e dargli del cretino, o a seconda della regione di provenienza, del pirla, del ciula, del mona. Perché lo è, eccome.

Seconda strada: fare un passettino di pensiero in più, ma proprio breve, e capire che ci dev’essere qualcosa di grosso che non funziona dentro una persona che si comporta in una maniera del genere, che continua a farlo, che è così drammaticamente incapace di imparare dai propri errori, che si fa beccare in continuazione, che sembra quasi lo faccia apposta a farsi beccare. E non è un adolescente complicato – o forse sì, al di là del dato anagrafico? – ma un uomo che nel 2017 compirà 40 anni.

Al di là dell’estratto conto, la disperazione non è una gara, non conta il censo: e Lapo Elkann è una persona disperata, perché – come commentava un’amica su Facebook – Lapo Elkann è il nulla. Ha tutto, ma non ha niente.

Ed è una persona che anche se ricchissima, privilegiata, forse non è una persona fortunata, né equilibrata. Una persona che non ha alcun merito nelle sue fortune: semmai ha colpe e sensi di colpa.

Nato in una famiglia che è tra le più potenti d’Italia, quella dove “Ciò che va bene alla Fiat va bene all’Italia“, la stessa famiglia dove il figlio di Gianni Agnelli, Edoardo, si suicida da un viadotto sulla Torino – Savona, per poi diventare anni dopo in una svolta postmoderna degna di Thomas Pynchon, un martire dell’islam sciita. In fin dei conti Lapo Elkann è nato in una famiglia dove – e la ricchezza e il potere non c’entrano niente, niente – le ombre sono infinitamente più scure delle luci.

Una famiglia per la quale c’è forse più da provare compassione che ridere. Soprattutto di lui.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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