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Legalizzando le droghe leggere avremmo più soldi per aiutare i cittadini in difficoltà?

Forse prevedibile o forse no, ma alcuni di voi magari se l’erano immaginato: con l’emergenza covid-19 è esploso il boom di consumo di marijuana light. L’impossibilità di uscire di casa e, dunque, l’estremo rischio e difficoltà di rifornirsi sul mercato illegale, hanno spinto molti consumatori di cannabis a cercare un’alternativa, ritrovandola nel consumo legale di infiorescenze ad alto contenuto di CBD. Una “nuova tendenza” che fa davvero riflettere su un argomento che, ahimè, per molti è ancora tabù.

In questi giorni si stanno sottraendo un sacco di soldi all’economia sommersa, perchè “i proventi che prima entravano nelle casse delle mafie per l’acquisto di cannabis con alto contenuto di THC, adesso sono diventati in parte economia legale”, chiarisce Matteo Moretti, amministratore di JustMary, il primo delivery in Italia di cannabis legale, ganja e marijuana light. “Tutti hanno avuto un boom di traffico”, continua Matteo Moretti: abbiamo raddoppiato i rider, gli introiti e le tasse che paghiamo allo Stato. E ben sappiamo quanto siano utili in questo momento“. 

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Facile pensare quanto realisticamente, allora, avremmo più soldi per aiutare i cittadini in difficoltà se si legalizzassero le droghe leggere, e non è una banale congettura. Vediamo, infatti, cosa sta accadendo in Italia nel settore della cannabis light, dall’inizio del lockdown.

Se in molti Stati americani il servizio è considerato “essenziale” e, dunque, se in America gli shop rimangono aperti e si registrano lunghe file di clienti fuori dai negozi, simili a quelle che si vedono davanti ai supermercati o le farmacie, in Italia la situazione è diversa: gli shop sono chiusi ma è aumentato tutto d’un colpo il delivery di cannabis legale. “Nel mese di marzo, con l’inizio del lockdown, abbiamo fatto lo stesso fatturato di tutto il 2019. Non abbiamo registrato una crescita nelle vendite ma un’esplosione vera e propria. Se a febbraio gestivamo circa 70 ordini giornalieri nel sito, questo mese ne abbiamo ricevuti 350 in un solo giorno”, dichiara Matteo Moretti.

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Massimo Mazzara, uno dei soci di Sweet Leaf di Roma, conferma questa tendenza: “Hanno iniziato i clienti abituali del quartiere, telefonavano, ci hanno chiesto se potevamo fare servizio a domicilio. Poi ne hanno parlato con gli amici, anche di altre zone della città… alla fine abbiamo dovuto ingegnarci con il servizio a domicilio e abbiamo assunto un ragazzo come rider”.

Anche Kevin Gagliarano, 28, anni, attivo nel settore, rileva una forte crescita delle richieste in questi giorni sul suo sito e spiega: “Riservatezza soprattutto, i miei clienti sono principalmente over 35. Si tratta di inflorescenze che non hanno effetto psicotropo, sono controllate e con cartellini, rispettano i limiti di THC stabiliti dalla legge“. A proposito di legge, piccola parentesi: ai più distratti ricordiamo che lo scorso dicembre era stato approvato un emendamento che autorizza la vendita di cannabis light con THC inferiore allo 0,5%.

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Chissà se ciò che sta accedendo nel settore della cannabis light in questi giorni solleverà altre questioni, e chissà se solleciterà ulteriori riflessioni su quanto sia ipocrita il proibizionismo della marijuana in Italia. L’argomento è assolutamente delicato, ambiguo e controverso e lascio a voi decifrare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.  Non si può, ancora, fare finta di non accorgersi e non considerare che, se si togliesse all’economia sommersa il totale dei suoi guadagni sulla marijuana e se questi proventi si riversassero nelle casse dell’economia legale, lo Stato ne beneficerebbe eccome. Già la cannabis legale è un’ottima occasione per garantire entrate nelle casse statali, certo, ma stiamo effettivamente vedendo il fermento di questo settore solo oggi, in una condizione straordinaria in cui l’acquisto di cannabis legale, per molti, è solo una temporanea alternativa.

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In Uruguay, in Giamaica, Catalogna, in alcuni stati degli USA e altrove, dove la cannabis è libera anche per uso creativo, l’economia ne giova. In Uruguay, ad esempio, negli ultimi cinque anni la legge ha sottratto più di 22 milioni di dollari di profitti ai narcotrafficanti uruguaiani. Il paese non è riuscito a eliminare del tutto il mercato illegale di marijuana (principalmente nelle mani del vicino Paraguay, che vende un prodotto di bassa qualità ma più economico), ma è un bel traguardo.

Per ora, in Italia, ci accontentiamo di quello che abbiamo: circa 3 mila aziende per un totale di 10 mila dipendenti, in un settore, quello della cannabis light, che è in continua e forte crescita, anche per la richiesta a livello internazionale del cannabidiolo usato nella cosmetica e in farmaceutica. Un settore che in questi giorni sta letteralmente esplodendo, e dovremmo chiederci tutti il perché.

 

Claudia Mazziotta

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