Se passa il referendum del 5 giugno i cittadini svizzeri riceveranno 2500 franchi al mese

I cittadini elvetici saranno chiamati a esprimersi il 5 giugno sul reddito di cittadinanza

 

Pagati solo per il fatto di esistere. Retribuiti senza fare alcunché. Stipendiati dallo Stato semplicemente perché si è cittadini dello stesso. È questo in sintesi il senso del referendum che si terrà il 5 giugno prossimo in Svizzera, destinato a sancire un “Sì” o un “No” della Confederazione Elvetica al reddito di cittadinanza.

Vediamo di approfondire la questione: i promotori della consultazione spiegano le loro ragioni a proposito di un reddito di base incondizionato sul loro sito. Si tratterebbe per ogni cittadino maggiorenne di ricevere 2500 franchi svizzeri al mese (2279.49 euro), che si ridurrebbero a 625 franchi per i minorenni (569.65 euro). Per tutti, occupati, disoccupati, non importa: un reddito incondizionato, per tutti, ricchissimi e poverissimi, senza distinzione.

Ricordiamoci prima di tutto su che tipo di mercato del lavoro andrebbe a intervenire questo referendum, una confederazione dove in Canton Ticino lo stipendio medio nel 2015 è di circa 3300 franchi netti al mese (ovvero 3000 euro) e dove il costo della vita è proporzionato agli stipendi.

Potrà sembrarci strano, ma 2500 franchi non sono poi una cifra enorme per vivere in CH. Spiegano i promotori che “La nostra società e la nostra economia conoscono oggi una mutazione profonda e irreversibile. Grazie alla robotica, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, l’economia cooperativa o, ancora, la messa al lavoro dei clients e il big data, la produzione di beni e servizi necessita sempre meno lavoro salariato. La conseguenza è uno squilibrio nel mercato del lavoro a sfavore dei salariati, una disoccupazione in aumento costante e una pressione al ribasso dei salari“. In sintesi: c’è meno lavoro, i salari sono compressi verso il basso, c’è bisogno di ripensare il welfare radicalmente. E ci può stare.

Ok, bellissimo. Ma dove trovare i soldi? In fondo una riforma da sogno come questa ha costi non indifferenti per le casse dello Stato, anche per le casse di uno Stato come la Svizzera. Sempre secondo i promotori della consultazione sarebbero sostenibili: “se si parte dall’ipotesi di un RBI (reddito di base incondizionato) di 2500 franchi per gli adulti e di 625 franchi per i minori, la somma totale del RBI distribuita all’insieme della popolazione è di 208 miliardi (…) Il saldo da finanziare è quindi di 18 miliardi, ovvero solo il 3% del PIL della Svizzera, meno dei costi della sanità legati al lavoro. Questo saldo può facilmente essere coperto in molti modi”.

Un sogno? Una follia? Una mattana svizzera, Paese notoriamente aperto a ogni tipo di consultazione referendaria, anche le più bizzarre? Solo in parte. Se ne parla non da oggi del referendum sul reddito di cittadinanza. Ma ovviamente anche tra i cantoni c’è chi è profondamente contrario.

Come conciliare infatti il reddito di cittadinanza con la tradizionale operosità elvetica? Se voi foste sicuri di ricevere uno stipendio di Stato solo per il fatto di esistere, vi alzereste alle sette del mattino per andare al lavoro? O se guadagnaste meno di 2500 franchi al mese, chi ve lo farebbe fare di lavorare? Se foste certi di riceverne 2500 senza fare assolutamente nulla? L’obiezione in questi casi è semplice: meglio aggiungere i 2500 franchi al proprio reddito che ricevere solo quei 2500 di reddito di cittadinanza. In ogni caso la “mancia di Stato” lascia perplessi molti, anche in Svizzera.

Sono dubbi legittimi quelli sulla possibilità di creare schiere di nullafacenti con il reddito garantito, e il dibattito anche in Svizzera ruota intorno proprio a questo tema, sul Corriere del Ticino si legge per esempio che “Oltre a scardinare valori come la responsabilità personale, il comitato contrario all’iniziativa denuncia i costi di una simile operazione, tali da mettere in pericolo le attuali assicurazioni sociali. Con un tale reddito, le persone che guadagnano meno o poco più di 2500 franchi non avrebbero più motivo di lavorare. È il caso dei lavoratori a tempo parziale, prevalentemente donne. Per coprire i “buchi” della previdenza sociale sarebbe necessario innalzare il prelievo fiscale, con conseguenze negative anche sulla aziende, che vedrebbero i propri costi aumentare. Il risultato di questi circolo vizioso, secondo i contrari, sarebbe un aumento del lavoro nero”. Vedremo come andranno le cose il 5 giugno.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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