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Abbiamo provato il nuovo/vecchio Nintendo Classic Mini e non possiamo più farne a meno

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Uno passa l’intera vita ad essere sempre sul passo con le nuove uscite, ad acquistare la consolle più potente e a seguire passo passo gli sviluppatori di giochi più o meno indie. Poi un giorno ri-esce il Nintendo Classic Mini ed ecco scoprire di botto che “il passato è il nuovo futuro”. Curiosissimi abbiamo provato questa sciccheria. Di seguito i cinque punti per cui non possiamo già farne più a meno:

1) Vedere in diretta la nascita di una nuova (vecchia) era

È un po’ come essere lì a riprendere con un Super8 gli incerti passi di un Ichthyostega sulla terraferma (questo tetrapode è considerato il primo animale vertebrato ad essere in grado di vivere fuori dall’acqua). Già perché giocare con il Super Nintendo Mini significa toccare con mano l’alba del pianeta dei videogiochi, andando direttamente a provare la prima edizione di Super Mario oppure il primo capitolo di The Legend of Zelda. Avere a che fare con questi totem della cultura pop occidentale provoca un’emozione paragonabile alla scoperta dei resti di una civiltà perduta: che siano i templi dei khmer o le astronavi interstellari di Galaga fa poca differenza.

2) La difficoltà livello “Tana delle Tigri” 

Una delle cose che maggiormente saltano all’evidenza dopo i primi, primissimi minuti di gioco è l’estrema difficoltà dei titoli. Non serve essere un videogiocatore avvezzo alle carneficine di Call of Duty o aver macinato caterve di reti con FIFA: basta provare, tanto per dire, Ghosts ‘n Goblin per essere eliminati da un gruppuscolo di zombie. Già perché l’estrema difficoltà di questi videogame è qualcosa di assolutamente fuori parametro per i titoli odierni. In più, come se non bastasse, quasi tutti  i giochi non presentano la possibilità di salvare la partita (coerentemente con quanto accadeva, naturalmente, nelle sale giochi anni Ottanta e Novanta) e quindi ogni morte vi costringerà a ricominciare da capo, anche se avrete quasi battuto il boss finale. Conviene armarsi di pazienza e di santi in Paradiso: finire un gioco sarà più arduo che sopravvivere nel covo della Tana delle Tigri.

3) Le colonne sonore

I giochi del Nintendo Classic Mini sono letteralmente un trionfo dei componimenti in midi, una sinfonia per 8-bit che vi trasporterà carne ed ossa verso un passato che forse non avete neppure vissuto. L’intro di Pac-Man, il gioco originale, è qualcosa di talmente identitario e riconoscibile da farvi venire l’immediata e un po’ folle nostalgia per il 1980. Ma anche per titoli molto meno famosi, come ad esempio Metroid o il (bellissimo) Kirby’s Adventure il discorso è analogo.

4) Retroterra VS Postmoderno

Certo che rifugiarsi nell’amore per il retrogaming è, da un certo punto di vista, abbastanza semplice. Sicuramente quando si ha a che fare con il primo capitolo di una delle saghe che più hanno segnato la nostra “cultura”, come Final Fantasy, l’emozione travalica un giudizio scevro dall’impatto sentimentale. Nonostante perciò oggi numerosi dei 30 titoli disponibile su questa consolle risultino quantomeno “indigesti” per una larga fetta di pubblico, essi mantengono quasi intatto un loro specifico fascino. Quindi, una volta tanto, non vergognatevi di essere tacciati di revisionismo o, peggio, di essere dei conservatori della prima ora.

5) Il tubo catodico

Dopo circa 3 ore di gioco matto e disperatissimo tra amici, quasi per caso, curiosando tra il menu delle opzioni del Nintendo Mini, abbiamo scoperto il tasto “tubo catodico“. Un po’ sorpresi lo abbiamo selezionato e siamo stati letteralmente catapultati indietro nel tempo. Infatti i nostri occhi hanno potuto, diciamo così, riassaporare la mancanza di nitidezza, l’opacità diffusa, quella particolare patina di vecchio e consunto che il tubo catodico dava a tutte le immagini trasmesse, soprattutto se quelle immagini provenivano da videogiochi.  Ecco allora che ci sentiamo di poter affermare che giocare al Nintendo Mini senza questa opzione è un po’ come dire di amare il cinema e non aver mai visto Fitzcarraldo: uno non dev’essere appassionato di opera lirica per saper apprezzare il sublime sapore dell’utopia.  Proprio come diceva quel geniaccio di Thomas Stearns EliotNon smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta“.

(Si ringrazia Gianandrea Diano per essersi prestato come cavia)

Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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