Orange Is The New Black 5: Litchfield brilla nel fuoco della rivolta

 

I 13 episodi di Orange Is The New Black 5 ci riportano tra le detenute del penitenziario femminile di Litchfield, dove è ormai tutto pronto per lo scoppio della rivolta. Siete totalmente digiuni dello show targato Netflix? Questa è una pessima scelta, perché Orange Is The New Black è una delle serie più potenti e appassionanti mai viste. Facciamo un passo indietro.

Orange Is The New Black va in onda per la prima volta nel 2013, quando l’ideatrice Jenji Kohan trasforma l’autobiografia di Piper Kerman, “Orange Is the New Black: My Year in a Women’s Prison”, nella storia di Piper Chapman. Questa benestante ragazza bianca viene coinvolta a sua insaputa nelle attività di narcotraffico dell’amante, Alex Vause, che sarà anche colei che consegnerà l’ex compagna alle autorità. A dieci anni dal crimine commesso, Piper viene condannata e spedita nel carcere di Litchfield, a contatto con criminali ben più esperte.

Se nelle prime due stagioni della serie le disavventure dalla tenera Piper riescono senza sforzo a fungere da catalizzatore per l’intera comunità carceraria, dal terzo capitolo il suo magnetismo inizia ad allentarsi. Guadagnano quindi spazio le numerose eroine in tuta arancione provenienti dai gruppi etnici più disparati, con evidente supremazia delle gang afroamericane e latine. L’apice narrativo e artistico di Orange Is The New Black viene raggiunto con la quarta stagione, che mette da parte i toni della comedy a favore di una rappresentazione più realistica e cinica del sistema penitenziario statunitense. Dimenticatevi le grasse risate, ora si piange fortissimo.

 

 

La scorsa stagione della serie ci aveva lasciati col cuore infranto da una delle morti televisive più dolorose di sempre e sarà proprio questa perdita a fungere da motore costante per l’evoluzione dello show. A Litchfield è tutto pronto per una rivoluzione, un assedio che cambierà irreparabilmente gli equilibri tra i personaggi, così amorevolmente ritratti da essere ormai familiari. Orange Is The New Black 5 riprende nell’esatto momento in cui ci aveva lasciati, andando senza paura a infrangere l’equilibrio precario delle dinamiche di potere. Il rovesciamento è brutale e immediato. Guardie e ladri invertono i propri ruoli e all’interno del carcere viene a crearsi un nuovo microcosmo che non è altro che lo specchio degli stessi U.S.A., trasformati per l’occasione in Stati Uniti di Litchfield.

 

 

Una sorta di confederazione criminale si organizza attorno ai già rodati gruppi etnici, non escludendo anche alcune bizzarre allenze, che forniscono una buona dose di risate. Ovviamente niente fila liscio come dovrebbe e nella neonata democrazia della prigione si va incontro a tutti i problemi tipici della società civile: definizione delle priorità, gestione delle risorse alimentari, sistema sanitario, apparato giudiziario, comunicazione con l’esterno, scontri razziali, gap generazionale.

Tutta la complessità di una rivoluzione sociale viene riassunta nella concitazione dei tre giorni della rivolta, anche se la cognizione del tempo che passa è un lusso che guardando Orange is the new black si perde alla svelta. Stavolta non è colpa del bingewatching, ma della serie stessa, che riesce a sigillarci tra le mura del penitenziario, tra amori disperati, flashback di vite perdute, sogni e tragedie personali. Il tocco magico di Orange Is The New Black rimane infatti imbattuto per quanto riguarda la creazione di ritratti umani, inseriti in un flusso narrativo che molto raramente si inceppa, nonostante il suo intricato intreccio.

 

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Eva Cabras

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