TV e Cinema

Perfect Blue, doppelgänger sanguinario

Con Perfect Blue nel 1998 Satoshi Kon è stato in grado di animare il disagio dell’animo umano.

Lo stile di Perfect Blue

Parlare di Perfect Blue a quasi trent’anni di distanza non è un esercizio così semplice. Già perché nonostante lo status di capolavoro dell’animazione e di uno dei migliori film di un vero e proprio maestro riconosciuto come Satoshi Kon, il film in questione si può leggere da tantissimi punti di vista che, quasi paradossalmente, più passa il tempo più hanno importanza e peso all’interno della nostra società.

Infatti se all’altezza temporale del 1998, l’anno di uscita (anche se era già stato presentato l’agosto precedente, ad un festival dell’animazione) l’opera poteva essere vissuta come un attimo esagerata per un “occidentale”, molte cose che vengono messe in scena oggi acquistano senso anche “da questa parte del mondo”. Infatti lo showbiz che non ti perdona nulla e che ti chiede di avere un’immagine assolutamente immacolata è qualcosa che ormai siamo abituati a considerare come un dato di fatto. Sempre più, infatti, al modello dei “belli&dannati” di qualche anno fa, si è sostituito a una specie di “divismo quasi religioso” per cui alla minima macchia sulla propria fedina penale l’idolo di turno cade subito dal piedistallo (senza considerare le, agghiaccianti, derive perbeniste che in Paesi come la Corea del Sud sono ormai entrati nella cronaca quotidiana).

La cosa comunque più incredibile di Perfect Blue, al di là degli indiscutibili valori tecnici messi in campo, è l’atmosfera che è in grado di creare. Quel senso di oppressione crescente che la protagonista prova sempre più, cioè inquietudine, instabilità mentale e disordine emotivo, viene a propria volta trasmesso, in modo veramente artistico, nello spettatore che si trova, giustappunto, a replicare questi stessi sentimenti. Un film d’animazione disturbante e al tempo magnifico, Perfect Blue è uno di quegli instant classic che, da soli, farebbero entrare di diritto nell’olimpo dei migliori registi. Inutile dirvi che, 26 anni dopo, va visto, rivisto e visto ancora una volta.

Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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