Non è giusto che i soldi di Sanremo vadano ai terremotati

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In queste ultime settimane, Carlo Conti e il suo team di lavoro al Festival di Sanremo 2017 (in onda dal 7 febbraio su Rai Uno) sono stati presi di mira dagli assalti del populismo più becero. Su Facebook, migliaia di persone intimavano ai loro contatti di non guardare Sanremo perché ci sono cose più importanti, il terremoto, le tragedie e quelli sono i nostri soldi e devono andare a quelli che stanno male.

Un ragionamento che nasce dalla pubblicazione dei compensi, secondo i quali Carlo Conti prenderà 650mila euro. Per l’occasione, sono scesi dalle Terre Desolate Matteo Salvini e Renato Brunetta, a cavalcare l’ondata di indignazione popolare, tirando fuori il Canone che paghiamo noi e di fatto invocando un socialismo reale che nemmeno Lenin, in cui se sei troppo ricco devi dare qualcosa al povero, altrimenti ti devi vergognare.

Stavamo in pensiero

 

Secondo le stime però, il Sanremo di Carlo Conti funziona alla grande, e le cifre dell’anno scorso parlano di 16 milioni di € spesi contro 22 milioni di € guadagnati grazie agli sponsor pubblicitari. Un’edizione che si è conclusa in attivo di 6 milioni (nessuno dei quali estirpati con la forza dal canone) e che ha contribuito a stabilire il valore di mercato di Carlo Conti, proprio come fosse quello di un calciatore che ha fatto una stagione incredibile e che ha segnato in finale di Champions.

Intendiamoci, che poi Conti abbia deciso di devolvere parte del proprio compenso ai terremotati di sua sponte o perché in pratica forzato dall’opinione pubblica, questo non possiamo saperlo, ma ci sembra davvero assurdo che alcuni professionisti debbano subire ricatti morali dalla politica o dal populismo tipico dei social per quanto riguarda il proprio lavoro.

 

Alcuni degli auguri che ha preso Conti su Facebook

 

La carità non dovrebbe essere forzosa, tanto più che sui compensi da capogiro, gli artisti ci pagano le tasse come tutti e come sapete, la pressione fiscale in Italia è una tra le più alte in Europa, al 5° posto secondo i dati della CGIA di Mestre. Al primo posto c’è la Danimarca, ma non ha molto senso fare il paragone, visto che i servizi offerti dallo Stato e la qualità della vita sono nettamente superiori agli standard italiani. In un paese civile, lo Stato dovrebbe essere sano, forte e organizzato da poter provvedere alle emergenze senza ricorrere alla autotassazione dei singoli.

Non ci addentriamo nei demeriti di chi, conoscendo bene la natura sismica di parte del territorio italiano, ha deliberatamente deciso di non dotare le zone di misure antisismiche, ma di sicuro l’ondata di odio cieco in stile Rivoluzione Francese da casa propria, perde di vista l’obiettivo, tanto più che i politici che cavalcano l’ondata di indignazione sono quelli promotori del liberismo economico e delle privatizzazioni, adoratori di un sistema capitalistico sfrenato che oggi sembra del tutto dimenticato in favore di un casuale comunismo col fondoschiena degli altri.

LATROOOI
Simone Stefanini

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