[UPDATE: Miss Violence ha vinto il Leone d’Argento per la migliore regia a #Venezia70]
Una famiglia normale, molto legata. Con ragazzini bravi a scuola e genitori e nonni molto uniti. Una famiglia perfetta, vista da fuori. Una famiglia in cui una bambina si suicida, gettandosi dal balcone, nel giorno del suo undicesimo compleanno. Miss Violence è questo: la progressiva scoperta di drammi e abusi che si nascondono dietro un’aura di perfezione e normalità, un lento raggiungimento della consapevolezza dell’orrore. Il film di Alexandros Avranas, in concorso alla settantesima Mostra del Cinema di Venezia, è una durissima esperienza di visione. Due ore di tensione emotiva in costante crescendo, alla scoperta di torture psicologiche e fisiche imposte ai membri della famiglia, da un patriarca sadico.
Il suicidio della ragazzina, inizio raggelante del film, è solo il primo passo di una discesa inarrestabile, che porta lo spettatore a soffrire fisicamente, mentre sullo schermo Avranas propone, una dopo l’altra, scene che sono mazzate emotive senza appigli. Girato magnificamente con uno stile freddo e distaccato, Miss Violence è un capolavoro di tensione dai ritmi e dai toni quasi hitchcockiani, che diventa senza troppi voli mentali una metafora di una nazione, la Grecia, controllata e violentata da figure politiche paterne, che dispongono dei destini delle esistenze di un intero popolo.
Un film terribile, perfetto nella sua spietatezza. Sarebbe un mezzo delitto se non ricevesse qualche premio importante.
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