Basta alle bufale, di ogni tipo. Basta a quei link che raccontano con allarmismo emergenze o crisi mai esistite. Non si tratta di una campagna di sensibilizzazione, ma delle prossime mosse di Facebook e Google, che non arrivano certo in un momento casuale. Nei giorni successivi all’elezione di Donald Trump, infatti, da più parti si è sostenuto che una parte di responsabilità nel risultato delle elezioni presidenziali statunitensi vada attribuito alle bufale fatte circolare sui social network. Un’accusa mossa da analisti e commentatori politici, ovvero da quelle persone che, sulle testate di tutto il mondo, hanno sottovalutato fino all’ultimo istante le possibilità di vittoria di Trump. Ragioni, queste, che potevano far sembrare pretestuosi gli attacchi ai social, ma che di fatto sono stati confermati lo scorso weekend, quando a cadere è stato addirittura Google: come riporta The Verge, infatti, per alcuni giorni il primo risultato fornito da Google alla ricerca “who won the popular vote” (“Chi ha vinto il voto popolare”) non era un sito autorevole, ma un sito complottista che dava la vittoria del voto popolare a Trump, mentre in realtà a prevalere è stata Clinton.
Che sia sensato addossare colpe a Facebook e Google (e altri siti o servizi simili) per l’elezione di Trump è tutto tranne che certo e può suonare come un tentativo di non assumersi responsabilità da parte dei media, ma quello delle notizie false e delle bufale è un problema effettivo, impossibile da aggirare.
Facebook e Google proveranno a porre rimedio puntando sulla carta più potente in loro possesso: i soldi. Facebook escluderà i siti non affidabili dal proprio programma Facebook Audience Network, così come Google bloccherà il funzionamento di Adsense. Ovvero: se scrivi bufale, non guadagnerai soldi attraverso i banner forniti da Google o i servizi di Facebook. È evidente che si tratta di una mossa fondamentale, visto che, al netto di obiettivi politici non sempre dimostrabili, la stragrande maggioranza di questi siti punta su diffusioni virali per monetizzare. Più persone cliccano sulle loro pagine, più i siti guadagnano.
L’unione di queste due misure potrebbe portare a un netto cambiamento del panorama delle notizie online: avrebbero molta meno eco sui social e, anche in caso passassero indenni al vaglio di Facebook, porterebbero a pagine senza inserzioni pubblicitarie, eliminando così il senso ultimo della creazione dei siti. Certo, rimarrebbe viva l’opzione di chi pubblica bufale per creare disinformazione, con obiettivi diversi dal monetizzare, ma qui si apre un altro capitolo: quanto saranno efficienti Facebook e Google nella loro ricerca? Riusciranno a distinguere tra complottismo, bufale e informazione vera, ma alternativa?
Al momento la priorità è limitare le notizie false, ma altre questioni sono già all’orizzonte.
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