Tutto quello che devi sapere su Slack, l’app che crea dipendenza e vuole uccidere l’email

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L’aggettivo inglese slack è il corrispondente italiano di pigro, indolente o, meglio ancora, svogliato. Fino a qualche anno fa capitava di leggerlo in riferimento a certa musica che, per suoni lo-fi ma soprattutto atteggiamento lasco e rilassato, sembrava essere nata per bastare a se stessa. Tra i primi alfieri negli anni ’90 c’erano i Pavement, l’ultimo a subirne l’etichetta è stato il canadese Mac De Marco. Storie di ordinaria negligenza che col tempo, e la giusta dose di fortuna, si sono trasformate in oro. Proprio come quella di Stewart Butterfield, imprenditore canadese già famoso per aver lanciato Flickr, che nel 2011 ha creato da un insuccesso quella che, ad oggi, è una delle start-up più redditizie al mondo.

Si parla di 200 milioni di fatturato con un valore dell’azienda stimato attorno ai 3,8 miliardi di dollari. Si chiama, pensa un po’, Slack ed è nata per errore, durante lo sviluppo di un videogame poi andato a male. Ma cos’è? Semplicissimo: una app utilizzata per la comunicazione all’interno delle aziende. Che sostituisce tutte le e-mail, i messaggi e le chat del caso, organizzando il flusso di informazioni e file in un unico spazio. L’ideale per avere il pieno controllo da parte di chi sta al vertice della piramide, un meccanismo subdolo e ossessivo per chi staziona qualche gradino più in basso.

Di piattaforme come Slack ne è pieno il web, ma l’azienda di Butterfield è riuscita con perseveranza a imporsi sul mercato, attraverso l’attenzione ai feedback della community e l’implemento progressivo di features nel servizio. E arrivando negli uffici di alcuni giganti dell’informazione e dell’e-commerce, dalla NBC ad Amazon, da BuzzFeed ad AOL.

Una schermata tipo di Slack – via The Verge

In un interessante articolo su Medium, Satya van Heummen, esperto di start-up, ha individuato la chiave del successo di Slack. Non solo il mix di design, prodotto, tempismo, hype e marketing, tutti fattori che potrebbero entrare in gioco in qualsiasi storia, ma la sua psicologia. L’idea che secondo van Heummen rende Slack veramente unico rispetto a tutti i suoi competitor, è che “se non finisci per seguirlo tutto il tempo, allora sei fuori dai giochi“. All’interno delle aziende e dei team di lavoro è molto importante informarsi su quello che succede in tempo reale e su tutti i fronti. Slack crea dipendenza, e allo stesso tempo, acuisce la pressione e la paura di isolamento sociale. Una macchina, come dice van Heummen, “terribilmente brillante“, che ti incatena al tuo posto di lavoro con una notevole dose di ansia da prestazione.

E questa pressione che rende le persone emotivamente bloccate, e fa in modo che esse investano ancora di più il loro tempo nell’azienda, nel prodotto. Questo è il vero motivo che rende piattaforme come Slack, Facebook, Snapchat delle billion dollar companies“.

Se anche la tua azienda usa Slack insomma, puoi annoiarti di meno, come recita il claim sul sito. E in mano hai lo strumento più subdolo per farlo.

E non è tutto: negli ultimi tempi Slack viene promosso anche come lo strumento perfetto per organizzare gli impegni di famiglia, dalle liste della spesa alle visite dal dentista, trasformando così l’app in una sorta di impalpabile porta del frigorifero, su cui appiccicare appunti e note. Insomma, dopo aver conquistato il mondo delle aziende, Slack vuole prendersi anche tutto il resto, con un chiaro obiettivo: uccidere una volta per tutte quel mezzo di comunicazione del secolo scorso chiamato email.

Marcello Farno

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Tags: appchat

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