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Un corto mostra l’incubo di una vita nella realtà aumentata

 

La realtà aumentata è una delle tecnologie con cui sempre più avremo a che fare in futuro: ma se, come ogni tecnologia, avesse un lato oscuro – non tanto in sé, poverina: è fantastica la realtà aumentata – ma quanto nell’utilizzo che noi potremmo farne? È questo il tema centrale di Hyper-Reality, un corto di 6′ di Keiichi Matsuda che indaga un futuro prossimo in cui la realtà aumentata prende completamente il sopravvento sulla nostra percezione tradizionale.

 

 

Nel corto seguiamo una donna in alcuni momenti della giornata dal suo point of view in soggettiva per le strade di Medellin, in Colombia: prima Juliana – la protagonista – inganna il tempo con un gioco mentre è su un autobus, poi cammina, poi va a fare la spesa, poi decide di fare un “reset” della propria identità… e nel frattempo siamo continuamente stimolati a seguire qualche notifica, qualche alert, qualche chat, qualche videochiamata, la raccolta dei punti per la spesa, in una overdose di informazioni completa, in una gamification in cui l’essere umano è un giocatore quanto lo può essere un topo in un labirinto.

 

Hyper-Reality, il corto da incubo sulla realtà aumentata di Keiichi Matsuda

 

Continue interruzioni pubblicitarie puntellano una vita sempre più priva della possibilità di decidere autonomamente, sempre più controllata, non tanto da qualche Potere occulto o da qualche complotto, quanto dalle aziende e dalla tecnologia che abbiamo creato per migliorarci la vita e gli umani sono trattati come macchine al servizio delle macchine.

Un mondo dove si è persa qualunque libertà di scelta. E le domande come “Chi sono?” si fanno direttamente a Google, e dove anche la fede e la spiritualità, in fondo, non sono nient’altro che un livello del gioco…

 

Hyper-Reality, il corto da incubo sulla realtà aumentata di Keiichi Matsuda

 

È un futuro quello di Keiichi Matsuda che porta oltre le visioni letterarie distopiche del romanzo di Dave Eggers The Circle, sicuramente, è un futuro un po’ più alla Philip K. Dick – ma sotto steroidi – e con una chissà quanto buona approssimazione di quello che potrebbe essere la realtà aumentata tra una decina d’anni.

Dategli una possibilità, e vedrete che saranno sei minuti ben spesi quelli per seguire Keiichi Matsuda nel suo viaggio allucinato in un futuro che ricorda molto quello della serie tv Black Mirror.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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