Andare in pensione con 4 anni di anticipo è un obiettivo realistico per molti lavoratori grazie alla combinazione tra Naspi e Ape sociale. Due strumenti differenti, ma che se utilizzati insieme possono permettere di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, a patto di rispettare specifici requisiti e attenzioni.
L’INPS infatti eroga la Naspi per i lavoratori disoccupati, e al termine di questa indennità è possibile accedere all’Ape sociale, ottenendo così la pensione a partire dai 63 anni e 5 mesi di età. Tuttavia, non mancano le insidie e le novità normative che rendono necessario valutare con attenzione ogni passaggio.
La combinazione Naspi + Ape: come funziona l’anticipo pensionistico
La Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è l’indennità di disoccupazione riconosciuta ai lavoratori che hanno perso involontariamente il lavoro. Questa indennità diventa, di fatto, il trampolino di lancio per accedere all’Ape sociale, una misura che consente di andare in pensione anticipata a partire da 63 anni e 5 mesi, purché si abbiano almeno 30 anni di contributi versati. L’Anticipo Pensionistico Sociale è rivolto a determinate categorie, tra cui i disoccupati che hanno esaurito l’intera durata della Naspi. L’importante è che la perdita del lavoro sia involontaria e che si raggiunga l’età minima prevista.
Va sottolineato che, nonostante alcune sentenze di tribunali abbiano ammesso l’accesso all’Ape sociale anche a chi non ha fruito della Naspi, attualmente non esiste una conferma normativa ufficiale e il requisito della fruizione completa della Naspi rimane imprescindibile. Le sentenze possono creare precedenti, ma ogni giudice può decidere caso per caso, quindi il passaggio obbligato attraverso la Naspi è ancora la strada più sicura.
L’utilizzo combinato di Naspi e Ape può apparire semplice, ma le nuove regole introdotte hanno complicato molti aspetti. Innanzitutto, la Naspi è negata ai lavoratori che decidono volontariamente di dimettersi, o che cercano di spingere il datore di lavoro al licenziamento attraverso assenze ingiustificate. Oggi, infatti, un licenziamento motivato da troppe assenze ingiustificate è considerato equivalente a una dimissione volontaria, e in questo caso la Naspi non spetta.

Un’altra trappola riguarda chi lascia un lavoro e poi accetta un nuovo impiego di breve durata: in questo caso non si ha diritto alla Naspi e di conseguenza neppure all’Ape sociale. Dal 2024 è entrata in vigore una regola che prevede che dopo le dimissioni il lavoratore possa rientrare nella Naspi solo se il nuovo contratto a tempo determinato dura almeno 3 mesi e si maturano almeno 13 settimane di lavoro. Questo requisito serve a “azzerare” le precedenti dimissioni e a ripristinare il diritto alla disoccupazione indennizzata.
Non mancano però aggiornamenti favorevoli. Una restrizione che aveva causato molte polemiche è stata eliminata: in passato, un lavoratore che alla scadenza di un contratto a termine diventava disoccupato poteva accedere alla Naspi, ma non all’Ape sociale. Oggi questa limitazione non c’è più, a condizione che negli ultimi 36 mesi prima della perdita del lavoro si siano maturati almeno 18 mesi di contratto. Questa modifica amplia la platea di beneficiari potenziali e rende più accessibile l’anticipo pensionistico tramite la combinazione Naspi + Ape sociale.
La strada per andare in pensione anticipata con la combinazione Naspi + Ape sociale esiste ma è costellata di regole precise e di novità che richiedono attenzione. Chi desidera approfittare di questa possibilità deve conoscere bene i propri diritti e i requisiti richiesti, valutando attentamente ogni fase, dal momento della disoccupazione fino alla richiesta dell’Ape sociale.