Ambiente

Questo dove lo butto? Le menzogne dietro le etichette

E questo dove lo butto? Quante volte ci siamo fatti questa domanda di fronte ai bidoncini domestici della raccolta differenziata. Con materiali sempre nuovi e complessi e imballaggi che contengono diverse componenti, districarsi è sempre più difficile. Le informazioni riportate sugli involucri dei prodotti, del resto, non ci aiutano, e spesso le diciture sulle confezioni più che chiarire confondono. Ravvisati questi problemi, il web magazine EconomiaCircolare.com e Junker, l’applicazione per la raccolta differenziata più evoluta d’Italia, hanno avviato un piccolo ma significativo esperimento raccogliendo gli imballaggi di 90 prodotti per analizzarne le informazioni su composizione e riciclabilità riportate nelle etichette.

Delle 90 etichette esaminate, 10 sono risultate non corrette, 37 incomplete, 7 non riportano alcuna indicazione e 36 sono corrette. Solo il 40% delle indicazioni, quindi, può considerarsi pienamente efficace e facilmente comprensibile dagli utenti. Il dettaglio degli “orrori” e delle imprecisioni è riportato nel dossier “Riciclabilità degli imballaggi: occhio all’etichetta!“: ad ogni imballaggio è associato un semaforo che si illumina di rosso, giallo e verde a seconda che ci sia un errore grave, una imprecisione o tutte le informazioni corrette, mentre il semaforo resta spento nei 7 casi in cui al consumatore non viene offerta alcuna indicazione su come conferire l’imballaggio.

Un’immagine tratta dal dossier

“I risultati di questo dossier – commenta Noemi De Santis, responsabile comunicazione di Junker – dimostrano che c’è ancora tanta strada da fare per centrare la sfida lanciata dal decreto 116/2020 in materia di etichettatura ambientale. Sappiamo che non è facile maneggiare la complessità che si cela dietro un imballaggio. Ma le aziende hanno il dovere di fare chiarezza sui packaging dei prodotti che mettono in commercio”. Analizzando i 90 imballaggi, in molti casi si riscontra l’uso di grafiche e simboli diversi per indicare lo stesso tipo di materiale da differenziare. Per indicare il conferimento nella carta, ad esempio, sui casi presi in esame sono state individuate ben quattro tipologie di etichette diverse, ma tra termini impropri e colori non ufficiali, le problematiche individuate dal dossier non finiscono qui. Dall’indagine emergono anche altre strane diciture come quella di chi suggerisce in etichetta di rivolgersi al proprio Comune per conoscere la modalità di smaltimento. “I Comuni non hanno il personale, le conoscenze e nemmeno l’obbligo di scendere così nel dettaglio. Rimanderebbero probabilmente al numero verde dei gestori della raccolta, ma anche questi ultimi non sono tenuti né a conoscere né a trasmettere tutte quelle informazioni” precisa Noemi.

Il caos attuale dovrebbe durare ancora pochi mesi, nel 2022 entrerà in vigore la norma del decreto legislativo 116/2020 che introduce la cosiddetta “etichetta ambientale”, alla cui messa a punto ha lavorato il Conai con l’Istituto Italiano Imballaggio, UNI, Confindustria e Federdistribuzione, mettendo a punto specifiche linee guida, come dichiarato da Simona Fontana, responsabile dell’Area prevenzione e del Centro studi Conai: “Stiamo ricevendo davvero tantissime richieste di supporto e segnalazioni da parte delle aziende per la realizzazione di un’etichetta che sia coerente con le linee guida, che di fatto rappresentano un’interpretazione del testo di legge. Se il nostro Paese sarà in grado di dimostrare che la sua è una buona pratica, sicuramente c’è la possibilità che quello italiano sia adottato come modello a livello europeo”. E magari a quel punto, sia in Italia sia nel resto del Vecchio Continente, ci saranno finalmente meno facce perplesse davanti a un’etichetta e ai bidoni della differenziata.

 

Marco Beltramelli

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