Partiamo da questo: l’organizzazione ambientalista Greenpeace fa non bene, fa benissimo a lottare per proteggere il mare dalla pesca distruttiva e indiscriminata. Peschiamo male, peschiamo troppo e i mari sono sempre più poveri, il Mediterraneo in primis, non lo dice Greenpeace ma studi su studi, uno degli ultimi pubblicato da Current Biology.
Il problema è quando per lottare e far valere le proprie ragioni si incasina la vita di chi non ha grosse colpe, ovvero i commessi dei supermercati. Già, perché cosa c’entrano Greenpeace, il tonno Mareblu, e i commessi dei supermercati? C’entrano, perché Greenpeace, sabato scorso, ha lanciato questo appello dalla sua pagina Facebook.
“Non ci limitiamo a “rompere le scatole”, quando serve, le spostiamo anche! Dacci una mano a tutelare gli oceani dalla pesca distruttiva di Thai Union, proprietario in Italia di Mareblu: oggi o domani, quando vai a fare la spesa, sposta una o più scatolette di Mareblu, scatta una foto della scatoletta nei “posti più strani” e postala qui nei commenti e sul tuo profilo!“, questa la richiesta di Greenpeace. Eh?
La richiesta ovviamente non è caduta nel vuoto, anzi: ma ha dato il via a una serie di commenti non proprio di apprezzamento per l’iniziativa, volta in apparenza più a danneggiare probabilmente qualche lavoratore della gdo, che i pescherecci di Thai Union, o il Tonno Mareblu.
Oggi Google News presenta una valanga di articoli sul tema – sul tema del fail di comunicazione ovviamente, non sul tema della campagna di Greenpeace, o solo relativamente su quest’ultima – e su Facebook ci sono migliaia di condivisioni del post originale, che ha avuto anche un seguito, giusto ieri.
C’è chi ha suggerito metodi più intelligenti a Greenpeace, utilizzati per esempio in Francia
Chi invece ha fatto notare che forse non era proprio una grandissima idea costringere a far lavorare commesse e commessi dei supermercati per rimettere a posto migliaia di scatolette di tonno
E altri ancora che magari in un supermercato ci lavorano e hanno qualcosa da ridire
Difficile dire se questa sia una di quelle occasioni in cui vale il proverbiale “bene o male, purché se ne parli”, ma di sicuro, senza questo grosso fail, se ne sarebbe parlato meno. Si è parlato del fail e non della pesca distruttiva e dei nostri mari, sempre più poveri e sfruttati? Forse. Ma intanto un po’ se ne è parlato. E quando c’è da vedere il bicchiere, ci sarà sempre qualcuno che lo vede mezzo pieno, e qualcuno che lo vedrà mezzo vuoto.
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