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Le chiese dell’Emilia Romagna tre anni dopo il terremoto nelle foto di Ettore Moni

Dalla serie After Earthquake © Ettore Moni

 

Erano le 4.03 del 20 Maggio 2012 quando un terremoto di magnitudo 5.9 colpì l’Emilia Romagna. Originatosi a circa 6km sotto Finale Emilia, un paesello di poco più di 15mila abitanti in provincia di Modena, il sisma si fece sentire fino in Francia, Austria e Germania. Solo nove giorni dopo, il 29 Maggio 2012 alle nove esatte del mattino, un’altra scossa di pari intensità con epicentro tra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro – altri tre piccoli paesi in provincia di Modena – sorprese gli emiliani, già impegnati a fare i conti con le case crollate e i capannoni distrutti.

Quel terremoto danneggiò anche tante chiese, che in molti casi erano lì dai tempi del Medioevo. Alcune sono state gravemente lesionate, ad altre è andata irrimediabilmente peggio: è crollata una parete, il soffitto, il campanile. Ettore Moni, fotografo nato a Parma avvezzo a fotografare le realtà regionali d’Italia (in passato ha lavorato, per esempio, sul paesaggio alpino e sulle cave di marmo della Toscana), ha fatto di recente un viaggio attraverso le zone terremotate dell’Emilia e ha documentato in particolare la condizione delle chiese a più di tre anni di distanza. L’abbiamo contattato per fargli qualche domanda

Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna
Ettore Moni fotografa le chiese terremotate dell'Emilia Romagna

Per il tuo ultimo lavoro After Earthquake hai fotografato le chiese dell’Emilia Romagna danneggiate dal terremoto del 20 e 29 Maggio 2012. Perché hai scelto di concentrarti sulle chiese?
La scelta di fotografare le chiese danneggiate deriva dal desiderio di indagare sul terremoto che ha colpito la mia regione, di vedere da vicino i segni del sisma ad oggi ancora visibili. Anni fa avevo cominciato una serie di fotografie in bianco e nero dedicata proprio alle chiese della parte bassa della Pianura Padana. È stato durante un viaggio verso Ferrara fatto questa estate che ho rivisto, lungo le statali, quelle stesse chiese, danneggiate dal terremoto. Così è nata l’idea per il progetto After Earthquake. Quando si viaggia in auto attraverso l’Emilia Romagna, salendo su un argine o su un cavalcavia e guardando in lontananza si vedono i campanili, e capisci che li c’è un paese. Seguendo il campanile si arriva al centro di quel paese, perché le chiese di solito si trovano nelle piazze centrali.

Quante chiese hai fotografato, e in quali paesi?
Avrò fatto circa 60 scatti di chiese diverse. Sono partito dalla periferia di Ferrara per poi andare verso Bondeno, Mirandola, Finale Emilia, Reggiolo etc. fino ai confini con la provincia di Parma, ma passando per tutti i paesi e in tutte le frazioni. È stata una bella esperienza, sia per la gente che ho conosciuto, sia per i tanti luoghi della mia terra scoperti durante il viaggio.

Dalla serie After Earthquake © Ettore Moni

 

Che sensazioni hai avuto una volta davanti a queste chiese?
La sensazione più potente è stata quella di rendersi conto di quanto può essere forte la natura e quanto invece è fragile ciò che l’uomo costruisce. Ho avvertito anche un grande senso di precarietà, di come tutto possa cambiare in brevissimo tempo; in certi luoghi si percepiva il silenzio, l’abbandono, la resa dell’uomo di fronte a ciò che è successo. La vita di interi paesi è cambiata completamente.

Tu sei originario di Parma, dove il terremoto non ha fatto danni ma è stato avvertito chiaramente. È il legame con la tua terra che ti ha spinto a fare queste fotografie?
Si, il terremoto si è sentito bene anche a Parma, dove per fortuna non ha provocato gravi danni. Ma ciò che mi ha spinto a realizzare questa serie è stato il bisogno di andare e vedere con i miei occhi, di documentare lo stato delle cose tre anni dopo.

Cosa vedi nelle fotografie di After Earhquake: chiese fatalmente danneggiate, o chiese che resistono?
Vedo chiese danneggiate, alcune delle quali credo non saranno ricostruite mai più, altre invece già in fase di restauro. I danni fatti dal terremoto non sono solo materiali, ma anche morali. Il sisma ha colpito la vita culturale e artistica di questa terra, ed anche la vita sociale è drasticamente cambiata, perché sono cambiate le abitudini dei cittadini, i ritmi del paese. Le chiese sono il fulcro di tante attività, e perderle è un danno vero, soprattuto per i cristiani.

Dalla serie After Earthquake © Ettore Moni
Graziano Scaldaferri

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Graziano Scaldaferri

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