La notizia è arrivata attorno all’ora di pranzo e subito ha iniziato a correre sul web. Il mondo ha e sta dando l’addio l’addio a una delle icone più luminose di Hollywood: Robert Redford. L’attore, regista e attivista è morto all’età di 89 anni nel sonno, nella sua residenza, dopo aver affrontato una lunga malattia che, negli ultimi anni, aveva progressivamente indebolito la sua salute.
La sua scomparsa segna la fine di una carriera straordinaria che ha segnato decenni di storia del cinema mondiale.
La malattia che ha ucciso Robert Redford
Nato il 18 agosto 1936 a Santa Monica, California, Robert Redford è stato un vero e proprio simbolo del cinema, sia come attore che come regista. Il suo nome è associato a film che hanno segnato generazioni, dai western agli intrighi politici, dalle storie d’amore alle riflessioni sociali. Nel corso della sua carriera, Redford ha vinto due premi Oscar: uno come miglior regista per Gente comune (1981), e un altro alla carriera nel 2002, in riconoscimento del suo straordinario contributo al mondo del cinema.

Tra le sue pellicole più celebri spiccano titoli come La stangata (1973), Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969), I tre giorni del Condor (1975), Corvo rosso non avrai il mio scalpo (1972) e Tutti gli uomini del presidente (1976). Questi film non solo hanno segnato il cinema degli anni ’70 e ’80, ma hanno anche cementato la posizione di Redford come uno dei più grandi interpreti di Hollywood.
Redford fece il suo debutto cinematografico nel 1962 con Caccia di guerra, ma fu con Lo strano mondo di Daisy Clover (1965) che iniziò a farsi notare, ottenendo il Golden Globe come miglior attore emergente. Il vero grande salto arrivò nel 1969 con Butch Cassidy and the Sundance Kid, dove recitò al fianco di Paul Newman, dando vita a una delle coppie più amate della storia del cinema.
Negli anni ’70, Redford divenne il volto di alcuni dei film più iconici del decennio. La sua performance in La stangata (ancora con Newman), Come eravamo (1973) con Barbra Streisand, e Il grande Gatsby (1974) confermarono il suo status di star internazionale. Nel 1980 vinse l’Oscar come regista per Gente comune, un film che non solo conquistò il pubblico, ma che divenne anche un punto di riferimento per il cinema indipendente. Negli anni successivi, continuò a dirigere e a produrre opere significative, tra cui Milagro (1988), In mezzo scorre il fiume (1992) e Quiz Show (1994).
Negli ultimi decenni, Redford non si è mai allontanato del tutto dal grande schermo. Tra i suoi ultimi ruoli ricordiamo Spy Game (2001), Leoni per agnelli (2007), e Captain America: The Winter Soldier (2014), che lo hanno visto in ruoli sempre più maturi, ma ugualmente magnetici. Nel 2018, annunciò ufficialmente il suo ritiro dalle scene, ponendo fine a una carriera che si era estesa per oltre cinquant’anni. L’addio alla recitazione non significò però la fine del suo impegno nel cinema e nella cultura: Redford continuò a lavorare dietro la macchina da presa, a sostenere il Sundance Film Festival e a promuovere la causa dell’ambiente.
Non sono stati rivelati dettagli precisi sulla patologia che ha portato alla sua morte, ma fonti vicine alla famiglia hanno confermato che Redford lottava da tempo contro una malattia debilitante. Nonostante le difficoltà fisiche degli ultimi anni, l’attore ha continuato a mantenere il suo spirito combattivo, sempre circondato dall’affetto di chi gli era più caro, fino al momento della sua morte.
Nonostante la sua fama e il suo successo, la vita di Redford è stata anche segnata dalla tragedia. Nel 2020, ha perso il figlio James, morto a causa di un tumore, un dolore che lo ha segnato profondamente.